IL MESSAGGIO DEI MISTICI

Il mattino dopo mi svegliai sentendo Wil muoversi. Avevamo trascorso la notte nella casa di un suo amico, e Wil si stava vestendo rapidamente. Fuori era ancora buio.

«Prepariamo i bagagli», mi sussurrò.

Raccogliemmo in fretta i nostri abiti e facemmo più volte avanti e indietro fino alla jeep per caricare le provviste. Il centro della città era a poche centinaia di metri, ma nell’oscurità si intravedevano ben poche luci. L’alba era solo una striscia di cielo più chiaro a est. Oltre al canto degli uccelli che annunciavano l’arrivo del giorno non si sentivano altri rumori.

Dopo aver finito di caricare rimasi accanto alla jeep e Wil parlò brevemente con il suo amico che, tutto assonnato, era rimasto in piedi sul portico mentre noi sistemavamo i bagagli. A un tratto sentimmo dei rumori all’altezza dell’incrocio, e apparvero i fanali di tre camion che si fermarono proprio al centro della città.

«Potrebbe trattarsi di Jensen», osservò Wil. «Andiamo a controllare cosa stanno combinando, ma facciamo attenzione.»

Attraversammo alcune strade fino ad arrivare in un vicolo che incrociava la via principale, a poche centinaia di metri da dove erano fermi i camion. Stavano facendo il pieno a due veicoli, mentre il terzo era parcheggiato davanti al negozio, circondato da quattro o cinque persone. Vidi Marjorie che usciva dall’emporio e andava ad appoggiare qualcosa su un camion. Si diresse poi con aria noncurante verso di noi, lanciando occhiate distratte ai negozi vicini.

«Va’ da lei e cerca di convincerla a venire con noi», sussurrò Wil. «Io vi aspetto qui.»

Scivolai dietro l’angolo, e mentre andavo incontro a Marjorie mi bloccai inorridito. Mi accorsi per la prima volta che molti uomini di Jensen portavano armi automatiche. Alcuni istanti dopo la mia paura si fece ancora più intensa: nella strada di fronte comparvero soldati armati che, in posizione d’attacco, cominciarono ad avvicinarsi furtivamente al gruppo di Jensen.

Nel momento stesso in cui Marjorie si accorse di me, gli uomini di Jensen videro i militari e si diedero alla fuga. Nell’aria echeggiò il rumore assordante di una mitragliatrice. Marjorie mi guardò con occhi colmi di terrore, io scattai in avanti e l’afferrai. Ci rifugiammo insieme in un vicolo mentre si sentivano altri colpi di arma da fuoco e urla rabbiose in spagnolo. Inciampammo su una pila di cartoni e cademmo, con le facce che quasi si toccavano.

«Andiamo», esclamai scattando in piedi. Marjorie arrancò, poi mi trascinò nuovamente a terra indicandomi con un cenno del capo l’imboccatura del vicolo: due uomini armati, con la schiena rivolta a noi, sorvegliavano la strada. Restammo immobili finché i due la attraversarono di corsa e scomparvero nel bosco vicino.

Dovevamo tornare verso la casa, dove c’era la jeep. Ero certo che lì avremmo trovato Wil. Ci trascinammo fino alla strada successiva, facendo la massima attenzione. A destra si sentivano ancora urla furiose e colpi d’arma da fuoco, ma non riuscimmo a vedere nessuno. Guardai a sinistra: niente, nessun segno di Wil. Pensai che fosse corso avanti a noi.

«Passiamo per i boschi», suggerii a Marjorie che mi sembrava ora più decisa e sicura. «Poi continueremo lungo il margine del bosco, tenendo la sinistra. La jeep è parcheggiata da quella parte.»

«Va bene», mi rispose.

Attraversammo velocemente la strada e arrivammo a un centinaio di metri dalla casa. La jeep era ancora lì, ma intorno tutto era calmo. Mentre stavamo per attraversare di corsa l’ultima via che ci separava dall’abitazione, un veicolo militare girò l’angolo alla nostra sinistra e avanzò lentamente verso la casa. Nello stesso istante Wil superò di corsa il giardino, mise in moto la jeep e partì a tutta velocità nella direzione opposta. I militari lo inseguirono.

«Dannazione!» esclamai.

«Che facciamo adesso?» mi chiese Marjorie, in preda al panico.

Alle nostre spalle echeggiavano altri colpi di pistola, sempre più vicini. Davanti a noi il bosco si faceva più fitto e una salita portava al crinale che sovrastava la città.

«Arriviamo fino in cima», suggerii. «Presto!»

Ci inerpicammo per un centinaio di metri poi ci fermammo in uno spiazzo e guardammo a valle verso la città. Le strade erano attraversate da vere e proprie colonne di veicoli militari, e molti soldati effettuavano quello che sembrava un rastrellamento ai piedi dell’altura. Sotto di noi potevo sentire voci soffocate.

Ricominciammo a salire velocemente verso la cima della montagna: ormai non potevamo fare altro che correre.

Per tutta la mattina seguimmo il crinale verso nord, nascondendoci quando un veicolo ci sorpassava sulla dorsale che correva parallela alla nostra sinistra. Il traffico era per lo più delle jeep militari grigio-verdi che avevamo visto in città, ma di tanto in tanto passava anche qualche automezzo civile. Ironicamente la strada era diventata un punto di riferimento essenziale nonché un’oasi di sicurezza in quell’intrico di natura incontaminata.

Più avanti i due crinali si univano, digradando ripidi. Alcune sporgenze di roccia frastagliata proteggevano la vallata sottostante. A un tratto, da nord vedemmo arrivare una jeep simile a quella di Wil, che girò velocemente in una strada laterale che scendeva verso la vallata.

«Quello sembra Wil», esclamai sforzandomi di vedere meglio.

«Andiamo laggiù», propose Marjorie.

«Aspetta un momento: e se fosse una trappola? Se l’avessero catturato e stessero usando la sua jeep per farci uscire allo scoperto?»

Marjorie non disse nulla, ma mi guardò con ansia.

«Resta qui», le ordinai. «Andrò a controllare. Tu intanto non perdermi di vista: se va tutto bene ti farò segno di seguirmi.»

Lei si mostrò riluttante, comunque accettò e io cominciai a scendere lungo la ripida parete della montagna verso il punto in cui era parcheggiata la jeep. Attraverso la cortina di foglie vidi qualcuno uscire dal veicolo. Protetto dagli alberi e dai cespugli, mi feci strada attraverso le rocce, scivolando, di tanto in tanto, sul terreno molle.

Finalmente raggiunsi la jeep, che era parcheggiata sul crinale parallelo al mio. il guidatore, appoggiato al paraurti posteriore, era in ombra. Mi spostai a destra per vedere meglio. Era proprio Wil. Mi sporsi ancora un po’ e scivolai verso il basso. Disperato, cercai un appiglio finché le mie mani incontrarono un tronco d’albero. Vi rimasi aggrappato e poi risalii, issandomi a fatica. Ero salvo. Guardai il precipizio di trenta metri sotto di me. Avevo appena rischiato di ammazzarmi.

Sempre aggrappato all’albero, mi tirai in piedi e cercai di attirare l’attenzione di Wil, che scrutava la montagna sopra la mia testa, finché il suo sguardo venne a posarsi proprio su di me. Fece un balzo in avanti, ma si bloccò quando gli indicai il crepaccio.

Controllò il fondo della vallata poi mi gridò: «Non vedo un passaggio; è meglio che tu scenda a valle per attraversare».

Annuii, e quando mi voltai per fare un cenno a Marjorie sentii avvicinarsi un veicolo. Wil saltò a bordo della jeep e fece velocemente marcia indietro verso la strada principale. Io mi inerpicai di corsa sulla collina, e attraverso le foglie scorsi Marjorie che camminava verso di me.

Improvvisamente alle sue spalle si udirono urla in spagnolo e un trapestio di corsa. Marjorie si nascose dietro una sporgenza rocciosa e io cambiai direzione, correndo senza far rumore verso sinistra. Mentre correvo cercai Marjorie attraverso gli alberi, e quando la vidi sentii il suo urlo di terrore: due soldati l’avevano bloccata afferrandola per le braccia.

Continuai a correre a testa bassa lungo la salita, con il volto terrorizzato di Marjorie ancora negli occhi. Giunto in cima al crinale mi diressi nuovamente a nord con il cuore che batteva all’impazzata.

Dopo aver corso per più di un chilometro mi fermai e rimasi in ascolto. Dietro di me non sentivo né voci né rumore di passi. Mi sdraiai a terra, cercando di calmarmi e di riordinare le idee. Ma la spaventosa immagine della cattura di Marjorie si impossessava con prepotenza della mia mente. Perché mai le avevo chiesto di restare lassù da sola? E che cosa avrei dovuto fare adesso?

Mi alzai a sedere, tirando un respiro profondo, e spostai lo sguardo sulla strada che correva lungo il crinale parallelo. Durante la corsa non avevo visto anima viva. Ascoltai ancora con attenzione, ma non sentii nulla oltre ai consueti rumori della foresta. Iniziai lentamente a calmarmi. Dopo tutto Marjorie era stata semplicemente catturata, ed era colpevole solo di essere fuggita al rumore degli spari. Probabilmente l’avrebbero trattenuta fino a quando avesse fornito le sue generalità. Ancora una volta mi diressi a nord. La schiena mi doleva leggermente, mi sentivo stanco e sporco, e la fame mi procurava terribili fitte allo stomaco. Per due ore camminai senza pensare e senza incontrare nessuno.

Poi sentii qualcuno correre alla mia destra. Mi immobilizzai, restando in ascolto, ma il rumore cessò all’istante. In quel punto gli alberi erano più rigogliosi e le vaste zone d’ombra erano ricoperte di un sottobosco rado. Avevo una visibilità di cinquanta, sessanta metri, ma non scorsi nessuno. Oltrepassai un grosso masso alla mia destra e numerosi alberi, cercando di scendere il più silenziosamente possibile. Arrivato a un certo punto trovai il sentiero ostruito da tre rocce; ne oltrepassai due sempre senza udire nessun rumore, ma quando mi avvicinai alla terza sentii scricchiolare alcuni rami alle mie spalle. Mi girai lentamente.

E proprio vicino al masso c’era l’uomo con la barba che avevo visto alla fattoria di Jensen. Aveva gli occhi sbarrati per il terrore e con le braccia tremanti puntava un’arma automatica contro il mio stomaco. Sembrava si stesse sforzando di ricordare la mia faccia.

«Aspetta un attimo», balbettai. «Io conosco Jensen.»

Mi guardò attentamente, e alla fine abbassò la pistola. Dagli alberi alle nostre spalle si sentì il rumore di qualcuno che si avvicinava. L’uomo con la barba mi oltrepassò di corsa, diretto verso nord con l’arma stretta in pugno. Lo seguii d’istinto. Correvamo entrambi il più velocemente possibile, saltando rami e rocce e guardandoci ogni tanto alle spalle.

Dopo alcune centinaia di metri l’uomo inciampò e io lo superai. Mi lasciai cadere tra due massi per prendere fiato e guardare dietro di me, cercando di scorgere il minimo movimento. Vidi a una cinquantina di metri un soldato solitario puntare il fucile contro l’uomo con la barba. Questi stava faticosamente rimettendosi in piedi quando il militare fece fuoco, colpendolo al torace e schizzandomi di sangue. Nell’aria si sentì l’eco dello sparo.

Per un istante l’uomo di Jensen rimase immobile con gli occhi sbarrati, poi il suo corpo si piegò in avanti e cadde. Reagii d’istinto e mi misi a correre, riparandomi tra gli alberi. Il crinale si faceva sempre più frastagliato e roccioso, e cominciava a salire in modo considerevole.

Mentre continuavo ostinatamente ad avanzare, inerpicandomi tra le rocce, il mio corpo era scosso da brividi di stanchezza e terrore. A un certo punto scivolai e mi azzardai a guardare dietro di me. Il soldato si stava avvicinando al cadavere, e io scivolai dietro a una roccia proprio mentre lui sollevava lo sguardo nella mia direzione. Rimasi a terra e strisciai dietro un gruppo di massi. Da lì la scarpata si appianava e io avrei potuto allontanarmi senza che il soldato mi vedesse. Scattai ancora in piedi e presi a correre il più velocemente possibile tra alberi e rocce. Avevo la mente annebbiata, e riuscivo a pensare solo alla fuga. Non avevo il coraggio di voltarmi, ma ero certo di sentire i passi del mio inseguitore.

Il crinale riprendeva a salire, e io avanzavo sempre più a fatica perché le forze cominciavano a mancarmi. In cima alla salita il terreno era ricoperto di alberi giganteschi e cespugli lussureggianti. Sullo sfondo si stagliava una parete rocciosa. Dovevo scalarla: non avevo scelta. Cominciai l’ascesa, cercando gli appigli con grande attenzione. Quando finalmente mi ritrovai in cima mi sentii morire alla vista che mi si parò davanti: la strada era bloccata da un burrone profondo un centinaio di metri.

Ero finito, condannato. Alcuni sassi scivolarono lungo la sporgenza alle mie spalle, facendomi capire che il soldato si stava avvicinando. Caddi sulle ginocchia. Non potevo proseguire. Ero esausto, stremato, e con un ultimo sospiro rinunciai a lottare, preparandomi ad accettare il mio destino. Sapevo che presto sarebbero arrivate le pallottole anche per me. Ma dopo tanto terrore l’idea della morte era quasi liberatoria. Aspettai, e il mio pensiero volò alle domeniche della mia infanzia e all’innocente contemplazione di Dio. Come sarebbe stata la morte? Volevo essere pronto.

Dopo una lunga attesa, nel corso della quale avevo perso completamente la cognizione del tempo, mi resi conto che non era successo nulla. Mi guardai intorno e solo in quel momento realizzai che mi trovavo sul picco più alto della montagna. Ai miei piedi una visione panoramica completa.

Con la coda dell’occhio colsi un movimento. Molto più in basso, lungo il pendio in direzione sud, il soldato si stava allontanando da me imbracciando l’arma dell’uomo di Jensen.

Quella vista mi riempì di calore, e una risata convulsa mi crebbe in gola. Ero ancora vivo! Mi girai e mi sedetti a gambe incrociate, in preda all’euforia. Avrei voluto restare per sempre in quel luogo. La giornata era luminosa, il sole brillava e il cielo era di un blu magnifico.

Da quella posizione rimasi colpito dalla vicinanza delle colline purpuree, o meglio, dalla sensazione che fossero vicine. Anche le poche nubi bianche che veleggiavano in cielo sembravano vicine: avevo l’impressione che allungando una mano avrei potuto toccarle.

Guardai in alto verso il cielo e mi accorsi che il mio corpo aveva qualcosa di diverso. Il braccio era scivolato verso l’alto con una facilità incredibile, e io tenevo la schiena, il collo e la testa perfettamente allineati senza il minimo sforzo. Dalla mia posizione, seduto a gambe incrociate, mi alzai senza usare le braccia e mi stiracchiai, provando una sensazione di completa leggerezza.

Guardando le montagne lontane, vidi la luna che spuntava. Sembrava fosse al primo quarto, e stava appesa sopra l’orizzonte come una ciotola rovesciata. Improvvisamente capii perché aveva quella forma. Il sole, milioni di chilometri sopra la mia testa, brillava soltanto in cima alla luna calante. Potevo percepire la linea esatta che univa il sole e la superficie lunare, e questa identificazione estese in qualche modo la mia coscienza.

Potevo immaginare che la luna fosse già calata dietro l’orizzonte, e l’esatta forma riflessa che avrebbe mostrato a coloro che vivevano più a est e potevano ancora vederla. Poi immaginai l’aspetto che avrebbe avuto quando si fosse spostata direttamente sotto di me sull’altro lato del pianeta. Alle persone che vivevano laggiù sarebbe apparsa una luna piena poiché il sole sopra la mia testa avrebbe brillato oltre la Terra, colpendo il satellite ad angolo retto.

L’immagine provocò in me una sensazione forte, e il mio corpo si tese verso l’alto mentre sentivo fisicamente lo spazio che mi circondava, sopra la mia testa e sotto i piedi. Per la prima volta in vita mia prendevo atto della rotondità della terra, non solo dal punto di vista concettuale, ma anche come sensazione vera e propria.

Da un lato questa consapevolezza mi eccitava, e dall’altro mi sembrava perfettamente normale e naturale. Desideravo soltanto godermi la sensazione di essere sospeso, di galleggiare in uno spazio assoluto. Non sentivo la resistenza delle gambe alla forza gravitazionale della Terra, mi sembrava di essere sorretto da una spinta interiore, quasi fossi gonfio di elio come un pallone e galleggiassi sul terreno sfiorandolo con i piedi. Era una sensazione di condizione fisica perfetta, come dopo un anno di intensa preparazione atletica, ma con maggior coordinazione e leggerezza.

Mi sedetti sulla roccia, e di nuovo tutte le cose mi sembravano incredibilmente vicine: il masso irregolare su cui ero seduto, gli alberi alti sul pendio scosceso e le altre montagne che si stagliavano all’orizzonte. E mentre guardavo le cime degli alberi che ondeggiavano dolcemente nella brezza, non mi limitai a provare una percezione visiva ma sperimentai anche una sensazione fisica, come se le foglie danzanti fossero peli del mio corpo.

Ogni cosa faceva parte di me. Seduto in cima alla montagna, guardando il panorama che mi circondava, mi sentivo esattamente come se avessi sempre saputo che il mio corpo fisico era solo la testa di un organismo molto più esteso che comprendeva tutto ciò che potevo vedere. Sentii in me l’intero universo guardandolo con i miei stessi occhi.

Questa percezione attivò la mia memoria. Tornai indietro nel tempo, prima del viaggio in Perù, dell’infanzia e della nascita. Mi resi conto che in realtà la mia vita non era iniziata con il concepimento e la nascita su questo pianeta, ma aveva avuto inizio molto prima, con la formazione del resto del mio vero corpo che era poi l’universo intero.

La scienza dell’evoluzione mi aveva sempre annoiato ma ora, mentre la mia mente continuava ad arretrare nel tempo, ricordai tutto ciò che avevo letto in proposito, comprese le conversazioni con quel mio amico che tanto assomigliava a Reneau. Rammentai che l’evoluzione era proprio la materia di cui si occupava. Tutto il mio sapere sembrava fondersi con i ricordi. In qualche modo stavo rivivendo ciò che era accaduto, e il ricordo mi permetteva di considerare in modo diverso l’evoluzione.

Vidi la materia primordiale esplodere nell’universo e mi resi conto, proprio come aveva indicato la Terza Illuminazione, che non vi era coinvolto nulla di solido. La materia era solo energia che vibrava a un certo livello, e all’inizio esisteva solo nella sua forma più semplice: l’elemento che noi chiamiamo idrogeno. Nell’universo non c’era altro che idrogeno.

Osservai gli atomi che iniziavano a gravitare insieme, come se

lo stimolo e la regola principale di questa energia fosse dare una forma più complessa a un movimento semplice. E quando questo idrogeno raggiunse una densità sufficiente, cominciò a scaldarsi e bruciare per diventare quella che noi chiamiamo una stella. Bruciando l’idrogeno si fuse, passando alla successiva e più elevata vibrazione, l’elemento che chiamiamo elio.

Mentre io continuavo a osservare, queste prime stelle invecchiarono e alla fine esplosero, lanciando nell’universo l’idrogeno residuo e l’elio appena creato. Il processo ricominciò da capo. L’idrogeno e l’elio gravitavano insieme finché la temperatura era sufficiente per la formazione di nuove stelle, le quali fondevano a loro volta l’elio dando origine all’elemento chiamato litio che vibrava al successivo livello superiore.

E così via… ogni generazione successiva di stelle creava una materia che non esisteva in precedenza, fino a quando l’ampio spettro della materia – gli elementi chimici di base – non fu completo. L’evoluzione era avvenuta partendo dall’elemento idrogeno, la vibrazione più semplice dell’energia, per arrivare al carbonio che vibrava invece ad altissima velocità. Ormai era tutto pronto per il passo successivo. Mentre si formava il nostro sole, frammenti di materia caddero nella sua orbita e uno di essi, la Terra, conteneva tutti gli elementi appena creati, compreso il carbonio. La Terra raffreddava e intanto i gas imprigionati dalla massa in fusione migrarono verso la superficie e fondendosi insieme diedero vita al vapore acqueo. Arrivarono così le grandi piogge che diedero origine agli oceani. Quando poi l’acqua ricoprì gran parte della superficie terrestre, il cielo si schiarì e

il sole si mise ad ardere luminoso, irrorando il nuovo mondo di luce, calore e radiazioni.

Negli stagni e nelle pozze poco profonde, in mezzo agli spaventosi temporali che spazzavano periodicamente il pianeta, la materia oltrepassava il livello vibratorio del carbonio per raggiungere uno stato ancora più complesso, e cioè la vibrazione rappresentata dagli aminoacidi. Ma per la prima volta questo nuovo livello non era stabile in se stesso: la materia doveva continuamente assorbire altra materia per poter sostenere la sua vibrazione, in pratica doveva nutrirsi. La vita, il passo successivo dell’evoluzione, era finalmente nata.

Ancora limitata all’acqua, vidi che questa vita si divideva in due forme distinte. Una – quella che noi chiamiamo vegetazione – si nutriva di materia inorganica utilizzando il diossido di carbonio della prima atmosfera. Come sottoprodotto le piante liberarono per la prima volta l’ossigeno nell’universo. La forma di vita vegetale si diffuse velocemente negli oceani per approdare alla fine anche sulla terra.

L’altra forma – quella che noi definiamo animale – assorbiva solo la vita organica per sostenere la propria vibrazione. E io vidi gli animali riempire gli oceani nella grande era dei pesci e poi, dopo che le piante ebbero liberato abbastanza ossigeno nell’atmosfera, cominciò il loro viaggio verso la terraferma.

Vidi gli anfibi – metà pesci, metà nuove creature – lasciare l’acqua e usare i polmoni per respirare la nuova aria. Poi la materia fece un altro balzo in avanti, ed ecco i rettili che invasero la Terra al tempo dei dinosauri. In seguito fu il turno dei mammiferi, e io capii che ogni specie emergente rappresentava la vita – la materia – che avanzava verso la successiva vibrazione più alta. Alla fine la progressione terminò, e in cima fu il genere umano.

La visione terminò con l’arrivo dell’uomo. In un lampo avevo visto l’intera storia dell’evoluzione, le vicende della materia che si evolve quasi secondo un piano prestabilito, verso vibrazioni sempre più alte, e crea infine le condizioni di vita adatte agli esseri umani… all’esistenza di ognuno di noi.

Seduto su quella montagna potevo quasi comprendere come l’evoluzione si estendesse oltre l’esistenza degli uomini. Un’ulteriore evoluzione era in qualche modo collegata all’esperienza delle coincidenze. Qualcosa in questi avvenimenti ci fa avanzare nella vita, creando una vibrazione che a sua volta fa proseguire l’evoluzione stessa. Eppure, per quanto mi sforzassi non riuscivo a capire completamente.

Rimasi seduto a lungo sul bordo di quel precipizio, inebriato dalla pace e dal senso di totalità. A un certo punto mi accorsi che il sole tramontava a ovest. Notai anche una cittadina a circa un chilometro di distanza in direzione nord-ovest. Riuscivo a distinguere la sagoma dei tetti. La strada sul crinale a ovest sembrava condurre proprio laggiù.

Mi alzai e cominciai a scendere lungo le rocce. Avevo voglia di ridere: ero ancora parte del paesaggio e mi sembrava di camminare a fianco del mio stesso corpo, esplorandone addirittura le varie parti. Era una sensazione esilarante.

Mi feci strada fra le rocce e gli alberi. Il sole del pomeriggio allungava le ombre sul terreno. Giunto a metà strada mi trovai in una zona di grandi alberi e quando vi entrai percepii un cambiamento nel mio corpo: mi sentivo ancora più leggero e coordinato. Mi fermai a guardare con attenzione alberi e cespugli, concentrandomi sulla loro forma e bellezza. Intorno a ogni pianta potevo vedere lampi di luce biancastra e quello che sembrava un alone rosato.

Continuai a camminare, arrivando fino a un ruscello che irradiava una luce azzurrina e che mi colmò di tranquillità, di sonnolenza quasi. Alla fine decisi di proseguire attraverso la vallata, arrampicandomi sull’altro crinale per raggiungere la strada. Mi issai sulla strada ghiaiosa e puntai casualmente verso nord.

Più avanti scorsi un uomo vestito da sacerdote che spariva in una curva. Mi sentii elettrizzare. Per nulla impaurito, accelerai il passo per poterlo affiancare e parlargli. Sapevo esattamente cosa dirgli e mi sentivo in ottima forma, ma con mia grande sorpresa l’uomo era scomparso. Sulla destra c’era un’altra strada che curvava verso la valle ma in quella direzione non riuscii a scorgere anima viva. Corsi più avanti lungo la strada principale, ma non vidi nessuno. Pensai allora di tornare indietro per incamminarmi lungo la via che avevo oltrepassato, ma sapevo che la città si trovava davanti a me così decisi di proseguire in quella direzione. Non riuscivo però a smettere di pensare all’altra strada.

Un centinaio di metri più avanti, mentre giravo l’ennesima curva, sentii un rumore di veicoli. Attraverso gli alberi vidi una fila di mezzi militari che si avvicinavano a grande velocità. Esitai un istante, pensando che avrei potuto far valere le mie ragioni, ma poi ripensai alla terribile sparatoria.

Ebbi solo il tempo di lanciarmi sul lato destro della strada, restando immobile. Dieci jeep mi superarono a tutta velocità. Ero atterrato in un punto completamente esposto e potevo solo sperare che nessuno guardasse dalla mia parte. Ogni veicolo mi passò a meno di sei metri. Potevo sentire l’odore dei gas di scarico e vedere l’espressione di tutti i passeggeri.

Per fortuna nessuno si accorse di me. Quando furono passati strisciai dietro a un grosso albero. Mi tremavano le mani: la sensazione di pace e totalità era scomparsa. Sentivo nello stomaco un senso ormai familiare di ansia. Alla fine risalii sulla strada,

ma il rumore di altre due jeep mi fece rotolare nuovamente giù dal pendio. Avevo anche la nausea.

Questa volta rimasi lontano dalla strada e rifeci il percorso in senso contrario con molta prudenza. Mi ritrovai davanti alla via che avevo superato poco prima. Dopo aver attentamente controllato che non si sentissero rumori, decisi di fiancheggiarla attraverso il bosco, tornando nella vallata. Il mio corpo era di nuovo pesante. Mi chiesi che cosa mi avesse preso. Perché mai mi ero messo a camminare sulla strada? Dovevo essere impazzito, sconvolto per lo spavento della sparatoria, rapito, in stato di euforia. Torna alla realtà, dissi a me stesso. Devi fare attenzione: c’è gente pronta a ucciderti al minimo errore! Mi bloccai. Davanti a me, forse a un centinaio di metri, c’era il prete. Era seduto sotto a un albero gigantesco circondato da numerosi massi. Mentre lo fissavo aprì gli occhi e mi guardò dritto in faccia. Sobbalzai, ma lui si limitò a sorridere e a farmi cenno di avvicinarmi.

Gli ubbidii, sempre con molta prudenza. Il sacerdote rimase immobile, un uomo alto e magro sulla cinquantina con i capelli scuri tagliati corti, dello stesso colore dei suoi occhi.

«Sembra che tu abbia bisogno di aiuto», mi apostrofò in perfetto inglese.

«Chi sei?» gli chiesi.

«Sono Padre Sánchez. E tu?»

Gli dissi chi ero e da dove provenivo. Poi le ginocchia mi cedettero e caddi a sedere stordito.

«Tu eri coinvolto in quello che è successo a Cula, vero?» mi domandò.

«Che cosa ne sai?» Non sapevo se fidarmi di lui.

«So che nel governo c’è qualcuno molto arrabbiato», fu la sua risposta. «Non vogliono che si faccia pubblicità al Manoscritto.»

«Perché?»

Si alzò, guardandomi dall’alto. «Perché non vieni con me? La nostra missione è solo a mezzo chilometro, e con noi sarai al sicuro.»

Mi rialzai in piedi a fatica, rendendomi conto di non avere altra scelta, e annuii. Il prete mi guidò lentamente lungo la strada. Era molto rispettoso nei miei confronti e soppesava ogni parola.

«I soldati ti stanno ancora cercando?» mi chiese a un certo punto.

«Non lo so.»

Rimase in silenzio per alcuni minuti, poi riprese: «Sei alla ricerca del Manoscritto?»

«Non più, adesso voglio solo sopravvivere e tornarmene a casa.»

Mi fece un cenno rassicurante, e di colpo mi fidai di quell’uomo. C’era qualcosa nel suo sguardo e nel calore che mostrava che mi colpì. Mi ricordava Wil. Dopo poco arrivammo alla missione: un gruppo di casette intorno a un cortile con una chiesetta, in una splendida posizione. Quando entrammo lui si rivolse in spagnolo ad altri sacerdoti che si allontanarono di corsa. Cercai di vedere dove erano diretti, ma mi sentii sopraffare dalla stanchezza. Il prete mi guidò allora in una delle case.

C’erano un piccolo soggiorno e due camere da letto. Nel caminetto ardeva un bel fuoco e un altro sacerdote ci porse un vassoio di pane e zuppa. Mangiai, anche se esausto, mentre Sánchez si accomodava in una sedia di fianco a me. Dietro sua insistenza mi sdraiai su uno dei letti e caddi in un sonno profondo.

Quando uscii in cortile notai per prima cosa che il terreno era perfettamente curato. I sentieri di ghiaia erano delimitati con gran precisione da siepi e cespugli che risplendevano nella loro forma naturale. Nessuno di loro era stato potato.

Mi stirai, sentendo per la prima volta la camicia inamidata che indossavo. Era di cotone grezzo e mi irritava leggermente il collo, pur essendo pulita e appena stirata. Poco prima ero stato svegliato da due preti che avevano versato acqua calda in una vasca da bagno, stendendo accanto degli abiti puliti. Dopo essermi lavato e vestito ero andato nell’altra stanza, e sul tavolo avevo trovato frittelle calde e frutta secca. Avevo mangiato con grande voracità, sempre in presenza dei due sacerdoti. Se ne erano andati solo dopo che avevo finito ed ero uscito in cortile, dove ora mi trovavo.

Andai a sedermi su una panchina di pietra. Il sole sfiorava le cime degli alberi, riscaldando il mio volto.

«Come hai dormito?» domandò una voce alle mie spalle. Mi girai e vidi Padre Sánchez in piedi, sorridente.

«Molto bene», risposi.

«Posso tenerti compagnia?»

«Certo.»

Restammo in silenzio per alcuni minuti, tanto che cominciai a sentirmi a disagio. Lo guardai più volte, preparandomi a dire qualcosa, ma mi accorsi che fissava il sole tenendo la testa leggermente piegata all’indietro e gli occhi socchiusi.

Alla fine si decise a parlare: «Hai trovato proprio un bel posticino». Apparentemente si stava riferendo alla panchina su cui ero seduto.

«Senti, devo chiederti un consiglio. Qual è il sistema più sicuro per tornare negli Stati Uniti?»

Mi guardò serio. «Non saprei, dipende da quanto il governo ti considera pericoloso. Dimmi cosa è successo a Cula.»

Gli raccontai tutto a partire dalla prima volta che avevo sentito parlare del Manoscritto. La sensazione di euforia che avevo provato sul crinale mi sembrava ora illusoria e lontana, così vi accennai appena. Ma Sánchez mi fece subito domande precise in proposito.

«Che cosa hai fatto dopo che il soldato non si è accorto di te e se ne è andato?»

«Sono semplicemente rimasto seduto per alcune ore, sentendomi sollevato, immagino.» «Cos’altro hai sentito?»

Imbarazzato, decisi di tentare comunque una descrizione. «E’ difficile da raccontare. Provavo una sensazione di euforica connessione con tutte le cose, e anche un senso di fiducia e sicurezza. Non mi sentivo più stanco.»

Padre Sánchez sorrise. «Hai avuto un’esperienza mistica. Molte persone raccontano di averla avuta nella foresta in cima alla montagna.» Annuii, esitante.

Si girò per guardarmi meglio in faccia. «E’ il tipo di esperienza che i mistici di ogni religione hanno sempre descritto. In precedenza avevi mai letto niente in proposito?» «Qualcosa, anni fa.»

«Ma fino a ieri si trattava solo di un concetto, esatto?» «Sì, credo di sì.»

Un giovane sacerdote si avvicinò, mi salutò con un cenno del capo e mormorò qualcosa a Sánchez. Questi annuì, e quando il giovane si allontanò lui seguì con lo sguardo i suoi passi. Attraversò il cortile ed entrò in una zona simile a un parco a circa un centinaio di metri di distanza. Notai che anche quel settore era estremamente pulito e pieno di piante. Il sacerdote più giovane si diresse in vari punti, esitando ogni volta come se stesse cercando qualcosa, per fermarsi poi in una certa posizione. Sembrava impegnato in una sorta di esercizio.

Sánchez sorrise, apparentemente soddisfatto, e si rivolse nuovamente a me.

«Credo che per te sia pericoloso cercare di tornare a casa proprio adesso», riprese. «Ma cercherò di scoprire come stanno le cose e se c’è qualche notizia a proposito del tuo amico.» Si alzò. «Devo occuparmi di alcune faccende. Voglio che tu sappia che ti daremo tutta l’assistenza possibile. Per il momento spero che qui tu possa trovarti a tuo agio. Rilassati e cerca di recuperare le forze.» Feci un cenno d’assenso.

Si frugò in tasca e ne tirò fuori alcuni fogli. «Questa è la Quinta Illuminazione. Parla proprio del tipo di esperienza che hai avuto. Credo che la troverai interessante.»

Con qualche esitazione presi i fogli mentre lui continuava a parlare. «Che cosa hai capito dell’ultima Illuminazione che hai letto?» mi chiese.

Esitai: non avevo nessuna voglia di pensare a manoscritti e illuminazioni. Alla fine mi decisi: «Che gli esseri umani sono invischiati in una forma di competizione per il possesso dell’energia altrui. Quando riusciamo a fare in modo che gli altri accettino la nostra opinione, essi si identificano con noi. Questo attrae verso di noi la loro energia, facendoci sentire più forti».

Sorrise. «Così il problema è che tutti cercano di controllarsi e manipolarsi a vicenda per impossessarsi dell’energia, perché pensano di averne poca?» «Esatto.»

«Ma esiste una soluzione, un’altra forma di energia?» «È proprio quello che implica l’ultima Illuminazione.» Annuì e si incamminò lentamente verso la chiesa. Per alcuni istanti rimasi chinato in avanti, appoggiando i gomiti alle ginocchia senza guardare la traduzione. Continuavo a sentirmi a disagio. Gli avvenimenti degli ultimi due giorni avevano smorzato il mio entusiasmo, e preferivo pensare a come tornare negli Stati Uniti. Poi scorsi nuovamente il giovane sacerdote tra le piante davanti a me: si era alzato e si dirigeva lentamente in un altro punto a circa mezzo metro da dove si trovava. Si girò ancora verso di me e si sedette.

Mi domandai cosa stesse facendo, poi mi venne in mente che forse metteva in pratica qualche indicazione del Manoscritto. Guardai la prima pagina e cominciai a leggere.

Descriveva una nuova comprensione di ciò che era stato a lungo definito come coscienza mistica. Durante gli ultimi decenni del ventesimo secolo, così era scritto, questa coscienza sarebbe stata pubblicizzata come un modo di essere del tutto raggiungibile, un sistema che era stato dimostrato dai praticanti più esoterici di molte religioni. Per i più questa coscienza sarebbe rimasta un concetto intellettuale di cui limitarsi a parlare e discutere. Ma per un numero sempre crescente di esseri umani la consapevolezza sarebbe diventata reale – perché questi individui avrebbero provato lampi o accenni del nuovo stato mentale nel corso delle loro esistenze. Il Manoscritto diceva poi che questa esperienza era la chiave per porre fine ai conflitti umani nel mondo, poiché ci avrebbe permesso di ricevere energia da un’altra fonte – una fonte a cui avremmo potuto far ricorso con il semplice desiderio.

Smisi di leggere e guardai ancora il giovane sacerdote che sembrava fissarmi. Gli rivolsi un cenno d’intesa, anche se non riuscivo a distinguere i lineamenti del suo viso. Con mia grande sorpresa mi fece un gesto in risposta, sorridendo timidamente. Poi si alzò e si diresse alla mia sinistra verso una delle case. Dopo aver attraversato il cortile entrò nell’abitazione, evitando accuratamente il mio sguardo.

Sentii un rumore di passi alle mie spalle, e quando mi girai vidi Sánchez che usciva dalla chiesa. Mi si avvicinò sorridendo.

«Non c’è voluto molto», esclamò. «Vorresti vedere qualcos’altro?»

«Sì, volentieri. Parlami dei posti in cui andate a sedervi», risposi indicandogli il punto in cui si era trovato il giovane sacerdote.

«Andiamoci.»

Attraversammo il cortile, e Sánchez mi spiegò che la missione aveva più di quattrocento anni ed era stata fondata da un missionario spagnolo convinto che per convertire gli Indiani occorresse passare dal loro cuore, e non imporsi con la violenza delle armi. Il sistema aveva funzionato, continuò Sánchez, e in parte per questo successo in parte per la collocazione remota della missione, il sacerdote era stato libero di seguire la sua vocazione.

«Noi portiamo avanti la sua tradizione, guardando dentro di noi per cercare la verità.»

La zona in cui si era seduto il giovane sacerdote offriva un paesaggio immacolato. Circa mezzo acro di foresta era stato ripulito, e le piante di fiori che crescevano sul terreno erano inframmezzate da sentieri di pietre di fiume levigate. Come nel cortile, anche qui le piante erano perfettamente distanziate e la loro forma singolare veniva posta in risalto.

«Dove vorresti sederti?» mi chiese Sánchez.

Mi guardai intorno per scegliere. Davanti a noi c’erano alcuni spazi ben ordinati – angoli che sembravano completi in se stessi. Ognuno di essi consisteva in uno spazio aperto circondato da piante meravigliose, rocce e grossi alberi di varie forme. In uno alla nostra sinistra, proprio quello in cui si era seduto il giovane sacerdote, c’era un numero maggiore di massi.

«Che ne dici di quello?» domandai.

Sánchez approvò e andammo a sederci. Respirò a fondo per alcuni minuti poi mi guardò.

«Raccontami qualcosa della tua esperienza sul crinale», mi chiese.

Sentivo una certa resistenza a parlarne. «Non so che altro potrei dire. Non è durata a lungo.»

Il sacerdote mi scrutò severo. «Non puoi negare la sua importanza solo perché si è esaurita quando hai cominciato a provare di nuovo paura! Forse è qualcosa che deve essere recuperato.»

«Forse», concessi. «Ma per me è difficile concentrarmi su sensazioni cosmiche quando qualcuno cerca di uccidermi.»

Sánchez scoppiò a ridere, poi mi guardò con affetto.

«Qui alla missione studiate il Manoscritto?» gli chiesi.

«Si. Insegniamo come raggiungere il tipo di esperienza che tu hai avuto sul crinale. Non ti dispiacerebbe riprovare parte di quelle sensazioni, vero?»

Fummo interrotti da una voce proveniente dal cortile: un prete stava chiamando Sánchez. Questi si scusò e andò a parlargli. Mi rilassai, facendo correre lo sguardo sulle piante e sulle rocce che mi circondavano, senza mettere bene a fuoco. Riuscii a intravedere un alone di luce intorno al cespuglio più vicino, ma quando provai con le rocce non vidi nulla.

Sánchez stava tornando verso di me.

«Devo assentarmi per un po’: vado a una riunione in città per scoprire qualcosa sulla sorte del tuo amico, o almeno per sapere se puoi rischiare e metterti in viaggio.» «Bene. Sarai di ritorno in giornata?» «Non credo, è probabile che torni domattina.» Dovetti sembrargli impaurito poiché mi venne vicino e mi mise una mano sulla spalla. «Non preoccuparti, qui sei al sicuro. Mettiti a tuo agio, guardati intorno. Parla pure con gli altri sacerdoti, ma sappi che alcuni di loro saranno più disponibili di altri, a seconda del livello di sviluppo raggiunto.» Annuii.

Sorrise, andò dietro la chiesa e salì a bordo di un vecchio camion che fino a quel momento non avevo notato. Dopo vari tentativi riuscì a farlo partire, girò intorno alla chiesa e si avviò lungo la strada che portava al crinale.

Per alcune ore rimasi là seduto, felice di poter raccogliere i miei pensieri, a domandarmi se Marjorie stava bene e se Wil era riuscito a fuggire. Più volte l’immagine dell’uomo di Jensen assassinato mi attraversò la mente, ma mi sforzai di cancellare il ricordo e di restare calmo.

Intorno a mezzogiorno notai che alcuni preti preparavano in mezzo al cortile una lunga tavolata con molti piatti. Poi ne arrivarono altri che iniziarono a servire e infine tutti si sedettero a mangiare. Si sorridevano amabilmente, ma non sentivo parlare molto. Uno sollevò lo sguardo verso di me e mi indicò il cibo.

Mi avvicinai al tavolo, servendomi un piatto di mais e fagioli. Ognuno dei preti sembrava molto consapevole della mia presenza, ma nessuno mi rivolse la parola. Feci commenti sul cibo, ma le mie parole provocarono solo sorrisi e gesti gentili. Quando cercavo di guardarli direttamente negli occhi, distoglievano lo sguardo.

Mi sedetti da solo su una panchina e cominciai a mangiare. Nel cibo non c’era sale, ma era insaporito con erbe aromatiche. Alla fine del pranzo, quando tutti stavano sistemando sul tavolo i piatti sporchi, un altro sacerdote uscì dalla chiesa e si servì velocemente da mangiare. Si guardò intorno alla ricerca di un posto, e fu in quel momento che il nostro sguardo si incrociò. Quando mi sorrise lo riconobbi: era il giovane di prima. Gli sorrisi anch’io, lui si avvicinò e cominciò a parlarmi in un inglese stentato.

«Posso sedermi sulla panchina con te?» mi chiese.

«Certo.»

Si sedette e cominciò a mangiare molto lentamente, masticando più volte il cibo e sorridendomi di tanto in tanto. Era piccolo, con un fisico robusto e i capelli neri come il carbone. I suoi occhi erano color nocciola.

«Ti piace il cibo?» mi domandò.

Nel piatto che avevo in grembo era rimasto ancora del mais.

«Sì», risposi, mettendo in bocca un altro boccone. Mi accorsi che masticava lentamente, proprio come tutti gli altri sacerdoti.

«Queste verdure crescono qui alla missione?» gli domandai. Esitò prima di rispondermi, deglutendo lentamente.

«Sì, il cibo è molto importante.»

«Voi meditate con le piante?»

Mi guardò evidentemente sorpreso. «Tu hai letto il Manoscritto?»

«Sì, le prime Quattro Illuminazioni.»

«Hai fatto crescere qualcosa?» mi domandò.

«Oh no, sto solo imparando!»

«Vedi i campi di energia?»

«Sì, a volte.»

Restammo alcuni minuti in silenzio mentre lui continuava a mangiare con estrema lentezza.

«Il cibo è il primo mezzo per acquisire energia», osservò.

Annuii.

«Ma per assorbirla completamente occorre saper apprezzare…»

Sembrò alla ricerca della parola esatta in inglese: «Assaporare», esclamò alla fine. «Il sapore è la via d’accesso. Tu devi apprezzare il sapore, è per questo che si prega prima di mangiare. Non è solo per ringraziare, ma anche per fare del pasto un’esperienza sacra, in modo che l’energia del cibo possa entrare nel nostro corpo.»

Mi guardò attentamente, come se volesse assicurarsi che avevo capito.

Annuii senza fare commenti. La sua espressione restò seria.

In pratica mi aveva appena detto che il deliberato apprezzamento del cibo era il vero scopo dell’abitudine religiosa del ringraziamento, e il risultato di tutto ciò era un maggiore assorbimento di energia da parte nostra.

«Ma questo è solo il primo passo. Dopo che l’energia personale viene così incrementata si diventa più sensibili all’energia in tutte le sue forme. E poi si impara ad assorbirla senza mangiare.» Gli feci segno d’aver capito.

«Tutte le cose che ci circondano possiedono energia, ma ognuna di esse ne possiede un tipo diverso. Ecco perché certi luoghi ne irradiano in quantità maggiore rispetto ad altri: dipende dal modo in cui la tua forma fisica si adegua all’energia presente.»

«È quello che facevi prima, seduto laggiù?» gli domandai. «Stavi incrementando la tua energia?» Mi sembrò compiaciuto. «Sì.» «Come ci riesci?»

«Devi essere aperto al contatto e usare la tua disponibilità interiore, come per vedere i campi di energia. Ma per raggiungere quel senso di pienezza devi avanzare di un passo.» «Non sono sicuro di riuscire a seguirti.» Si accigliò di fronte alla mia ottusità. «Vuoi venire a sederti là con me? Posso mostrarti come fare.» «Certo, perché no?»

Lo seguii attraverso il cortile fino al luogo di meditazione. Si guardò intorno.

«Laggiù», esclamò indicandomi un punto che confinava con la foresta.

Seguimmo il sentiero che serpeggiava tra gli alberi e i cespugli. Scelse un punto davanti a un grande albero che cresceva in mezzo ad alcuni massi, cui appoggiarsi. Le sue radici si avvolgevano intorno ai sassi prima di raggiungere il suolo. Alcuni arbusti in fiore crescevano a semicerchio davanti all’albero, e io sentivo una strana e dolce fragranza che saliva dai fiori gialli dei cespugli. La foresta creava uno sfondo verde.

Il prete mi fece segno di sedere in uno spiazzo pulito fra i cespugli, proprio davanti all’albero nodoso, e si accomodò accanto a me.

«Questo albero ti sembra meraviglioso?» mi chiese. «Sì.»

«Allora… sentilo…»

Sembrò lottare ancora alla ricerca della parola giusta. Ci pensò un attimo e poi mi chiese: «Padre Sánchez mi ha detto che hai avuto un’esperienza sul crinale: riesci a ricordare come ti sei sentito?»

«Mi sentivo leggero e in sintonia con l’universo.» «In sintonia?»

«E’ difficile da descrivere. Era come se l’intero paesaggio facesse parte di me.»

«Ma com’era la sensazione?»

Ci pensai un attimo: che sensazione era? Finalmente ci arrivai. «Amore», risposi. «Credo di aver sentito amore per ogni cosa.»

«Sì, è proprio così. Senti la stessa cosa per l’albero.» «Aspetta un attimo», protestai. «L’amore è qualcosa che accade. Io non posso costringermi ad amare qualcosa.»

«Non devi importi di amare, ma permettere all’amore di entrare in te. E per farlo devi fare mente locale ricordando cosa hai provato e cercando di provarlo ancora.»

Guardai l’albero e cercai di ricordare l’emozione provata sul crinale. Cominciai ad ammirarne la forma e l’aspetto. Il mio apprezzamento crebbe finché provai un amore vero e proprio. Era il trasporto che avevo provato da bambino per mia madre e poi in gioventù per il mio primo amore. E anche se avevo fissato solo l’albero, quel particolare amore esisteva in senso generale: sentivo amore per ogni cosa.

Il sacerdote si allontanò di alcuni passi e mi fissò intensamente. «Bene», esclamò. «Stai accettando l’energia.» Notai che mi guardava con gli occhi semichiusi. «Come fai a saperlo?» gli chiesi.

«Perché vedo che il tuo campo di energia sta diventando sempre più grande.»

Chiusi gli occhi e cercai di raggiungere le intense sensazioni che avevo provato sul crinale, ma non riuscii a ripetere l’esperienza. Era qualcosa di simile ma di minore intensità. Il fallimento mi riempì di delusione.

«Che cosa è successo? La tua energia è crollata.» «Non saprei. E’ solo che non sono riuscito a sentirlo intensamente come prima.»

Si limitò a guardarmi, prima divertito poi con impazienza. «Ciò che hai provato sul crinale era un regalo, un varco, uno sguardo lanciato al nuovo modo di essere. Ora devi imparare a raggiungere da solo quel livello, poco alla volta.»

Si allontanò ulteriormente e mi guardò di nuovo. «Adesso riprovaci.»

Chiusi gli occhi e cercai di sentire in profondità. Alla fine l’emozione mi assalì nuovamente. La trattenni, cercando di aumentarla lentamente. Concentrai lo sguardo sull’albero.

«Così va molto bene», esclamò. «Stai ricevendo energia e dandola all’albero.»

Lo guardai di traverso. «La sto restituendo all’albero?»

«Quando tu apprezzi la bellezza e l’unicità delle cose», mi spiegò, «ricevi energia. Quando raggiungi un livello in cui provi amore diventi capace di rimandare questa energia.» Rimasi a lungo in quella posizione. Più mi concentravo sull’albero e ne ammiravo forma e colori, maggiore era la quantità di amore che sembravo acquisire. Era un’esperienza davvero straordinaria. Immaginavo che la mia energia fluisse arrivando a riempire l’albero, ma non riuscivo a vederla. Senza distogliere lo sguardo mi accorsi che il sacerdote si era alzato e stava per andarsene.

«Che cosa si vede quando io passo la mia energia all’albero?» gli chiesi.

Mi descrisse dettagliatamente la percezione, e io mi accorsi che si trattava dello stesso fenomeno cui avevo assistito a Viciente quando Sarah aveva proiettato la sua energia sul filodendro. Pur riuscendo nell’esperimento, Sarah non sembrava consapevole del fatto che fosse necessario uno stato di amore perché avvenisse la proiezione. Doveva aver raggiunto quello stato naturalmente, senza nemmeno accorgersene.

Il sacerdote si avviò verso il cortile, scomparendo alla mia vista. Rimasi là seduto finché venne buio.

Quando entrai in casa i due sacerdoti mi fecero un cenno di saluto. Un fuoco scoppiettante allontanava il freddo della sera e alcune lampade illuminavano il salotto. Nell’aria si sentiva l’odore di zuppa di verdura, forse di patate. Sul tavolo c’erano una ciotola di ceramica, dei cucchiai e un piatto con quattro fette di pane.

Uno dei preti si girò e se ne andò senza guardarmi, mentre l’altro, tenendo sempre gli occhi bassi, mi indicò con un cenno del capo una grossa pentola di ferro sistemata sul camino. Un mestolo sporgeva da sotto al coperchio. Non appena vidi la pentola il secondo sacerdote mi chiese: «Hai bisogno di qualcos’altro?»

«Credo di no, grazie.»

Uscì di casa, lasciandomi solo. Sollevai il coperchio: era zuppa di patate, dal profumo forte e delizioso. Me ne versai alcuni mestoli nella ciotola e mi sedetti a tavola. Poi estrassi dalla tasca la parte di Manoscritto che mi aveva dato Sánchez e la sistemai sul tavolo con l’intenzione di leggerla. Ma la zuppa era così saporita che mi concentrai completamente sulla cena. Dopo aver finito ritirai il piatto e rimasi come ipnotizzato a fissare il fuoco finché spensi le luci e andai a dormire.

Il mattino dopo mi svegliai all’alba, completamente rinvigorito. La nebbia mattutina aveva invaso il cortile. Preparai il camino, sistemando alcuni legnetti sui pezzi di carbone. Feci aria finché presero fuoco. Stavo per dare un’occhiata in cucina quando sentii avvicinarsi il camion di Sánchez.

Uscii mentre lui spuntava da dietro la chiesa con uno zaino in un braccio e vari pacchi nell’altro.

«Ci sono novità», esclamò, indicandomi di seguirlo dentro casa.

Apparvero altri sacerdoti che recavano focacce di grano, fiocchi d’avena e frutta secca. Sánchez li salutò, e appena se ne andarono si sedette a tavola con me.

«Ho partecipato a una riunione con alcuni preti del Southern Council», esordì. «Ci siamo incontrati per parlare del Manoscritto. Dovevamo discutere le azioni aggressive del governo. Per la prima volta un gruppo di religiosi si è incontrato pubblicamente in sostegno di questo documento, e stavamo appunto per iniziare la nostra discussione quando un rappresentante del governo ha bussato alla porta chiedendo di essere ammesso.»

Fece una pausa per riempirsi il piatto e mettere in bocca qualche boccone che masticò con la solita lentezza. «Ci assicurò che l’unico scopo del governo era quello di proteggere il Manoscritto da qualunque sfruttamento esterno, spiegandoci che tutte le copie possedute dai cittadini peruviani devono essere fornite di relativa autorizzazione. Disse che capiva la nostra preoccupazione, ma al tempo stesso doveva chiederci di ubbidire alla legge e consegnare le nostre copie. Ha promesso che il governo le avrebbe immediatamente sostituite.»

«E voi le avete date?» gli domandai.

«Naturalmente no!»

Ci mettemmo entrambi a mangiare, e io mi sforzai di masticare lentamente per assaporare meglio ogni boccone.

«Facemmo alcune domande a proposito delle violenze avvenute a Cula», riprese, «e lui ci spiegò che si era trattato della giusta reazione contro un tipo chiamato Jensen, il quale aveva ai suoi ordini uomini armati che erano in realtà agenti di un’altra nazione. Ci raccontò inoltre che avevano progettato di trovare e impossessarsi della parte mancante del Manoscritto, portandola poi fuori dal Perù. Il governo non aveva avuto altra scelta che arrestarli. Non ha parlato di te o dei tuoi amici.» «Avete creduto a quel tizio del governo?» «No, per niente. Dopo che se ne è andato abbiamo continuato la nostra riunione, stabilendo di seguire una tattica di resistenza passiva. Continueremo quindi a fare copie e a distribuirle a persone di fiducia.»

«Ma i responsabili della vostra Chiesa ve lo permetteranno?» «Non lo sappiamo», rispose Sánchez. «Gli anziani hanno disapprovato il Manoscritto ma fino a oggi non sono ancora stati presi provvedimenti nei confronti delle persone coinvolte. La nostra spina nel fianco è un cardinale che vive a nord, cardinal Sebastián. Rappresenta la più forte opposizione al Manoscritto ed è molto influente. Se convince le alte sfere a pronunciarsi contro il Manoscritto, saremo costretti a prendere una decisione molto interessante.»

«Perché è così contrario al Manoscritto?» «Ha paura.» «Perché?»

«E’ da molto tempo che non parlo con lui, e inoltre abbiamo sempre evitato di discutere il Manoscritto. Secondo me lui crede che il ruolo dell’uomo sia quello di far parte del cosmo senza avere nessuna conoscenza spirituale – basandosi solo sulla fede. E’ convinto che il Manoscritto possa minare questa situazione di immobilità e quindi l’autorità regnante.» «In che modo?»

Mi sorrise, piegando leggermente la testa all’indietro. «La verità renderà liberi.»

Lo guardavo, cercando di capire cosa volesse dire e intanto mangiavo il pane e la frutta rimasti sul mio piatto.

«Mi sembri molto più forte», osservò. «Hai parlato con qualcuno?»

«Sì. Ho imparato un metodo per mettermi in contatto con l’energia da uno dei preti. Io… non sono riuscito ad afferrare il suo nome. Ieri mattina, in cortile, lui era lì, te lo ricordi? Più tardi abbiamo parlato e lui mi ha mostrato come assorbire l’energia e proiettarla poi a mia volta.»

«Si chiama John», intervenne Sánchez, facendomi segno di proseguire.

«E’ stata un’esperienza stupefacente. Ricordando l’amore che avevo provato sono riuscito ad aprirmi. Sono rimasto seduto là tutto il giorno ad assaporarlo. E anche se non ho rivissuto la stessa esperienza provata sul crinale, ci sono andato molto vicino.»

Sánchez si fece serio. «Il ruolo dell’amore è stato a lungo frainteso. L’amore non è qualcosa che dovremmo provare per essere buoni o per rendere il mondo un posto migliore in virtù di un astratto senso morale, o addirittura di una rinuncia al nostro edonismo. Entrare in contatto con l’energia provoca eccitazione, euforia e infine amore. Trovare abbastanza energia per mantenere questo stato di amore aiuta sicuramente il mondo, ma soprattutto aiuta in maniera diretta noi stessi. E’ la cosa più edonistica che potremmo fare.»

Annuii. Nel frattempo lui aveva avvicinato ancora di più la sua sedia e mi fissava con lo sguardo sfocato.

«Allora, come ti sembra il mio campo?» gli chiesi. «E’ molto più grande. Credo tu stia veramente bene.» «È vero.»

«Bene. È quello che facciamo qui.» «Dimmi qualcosa in proposito.»

«Istruiamo i sacerdoti affinché vadano sulle montagne a lavorare con gli indiani. E’ un lavoro solitario, e i preti devono possedere una grande forza. Tutti gli uomini che si trovano qui sono stati attentamente esaminati e hanno una cosa in comune: ognuno di loro ha avuto un’esperienza che definisce mistica.

«Studio da anni questo tipo di esperienza, ancor prima che venisse ritrovato il Manoscritto, e credo che quando una persona ha già avuto un’esperienza del genere possa tornare in questo stato e accrescere il suo livello di energia personale con estrema facilità. Anche gli altri possono entrare in contatto, ma occorre più tempo. Un vivido ricordo dell’esperienza, come credo tu stesso abbia capito, facilita la sua ripetizione. Dopo di che, si tratta solo di ricostruire lentamente.»

«Quando ciò accade, qual è l’aspetto del campo di energia di una persona?»

«Si espande e cambia leggermente colore.» «Quale colore?»

«Normalmente passa da un banale bianco al verde e al blu.

Ma la cosa più importante è che si espanda. Per esempio, durante il tuo incontro mistico in cima al crinale la tua energia si è lanciata verso l’intero universo. In pratica tu sei entrato in contatto e hai assorbito energia dal cosmo intero, e in cambio la tua energia si è dilatata per comprendere ogni cosa, in ogni luogo. Riesci a ricordare come ti sei sentito?»

«Sì. Mi sembrava che l’intero universo fosse il mio corpo e io fossi semplicemente la testa, per la precisione gli occhi.»

«Certo», commentò Sánchez. «E in quel momento il tuo campo di energia e quello dell’universo erano la stessa cosa. L’universo era il tuo corpo.»

«In quei momenti la mia memoria si comportò in maniera strana. Mi sembrava di ricordare il modo in cui quel mio corpo immenso, cioè l’universo, si era evoluto. Io c’ero. Ho visto formarsi le prime stelle partendo dal semplice idrogeno, e in seguito ho osservato anche la materia più complessa evolversi in successive generazioni di soli. Ma non ho mai visto la materia: per me erano semplici vibrazioni di energia che si evolvevano sistematicamente in livelli complessi superiori. Poi… la vita è iniziata, evolvendosi fino all’apparizione del genere umano…»

Mi bloccai di colpo, e Sánchez si accorse del mio cambiamento d’umore.

«C’è qualcosa che non va?»

«Quello è il punto in cui i miei ricordi si sono interrotti», gli spiegai. «Proprio con la comparsa degli esseri umani. Mi sembrava che la storia dovesse continuare, ma io non ero in grado di afferrarla.»

«Infatti la storia continua», mi spiegò. «Gli uomini portano avanti l’evoluzione del mondo verso una complessità di vibrazioni sempre più alte.» «In che modo?»

Mi sorrise senza rispondermi. «Ne parleremo più tardi. Adesso devo controllare alcune faccende, ci vediamo tra un’ora.»

Prese una mela e se ne andò. Uscii dopo di lui, poi ricordai di aver lasciato la copia della Quinta Illuminazione in camera da letto e tornai a prenderla. Ripensai alla foresta in cui avevo visto Sánchez per la prima volta. Anche se allora ero esausto e terrorizzato avevo notato ugualmente la straordinaria bellezza di quel posto. Mi incamminai lungo la strada verso est e andai a ritrovare quel punto esatto per sedermi.

Appoggiato contro un albero, mi schiarii la mente guardandomi intorno per alcuni minuti. Era una mattina luminosa, leggermente ventosa, e il vento frustava i rami sopra la mia testa. Inalai a fondo più volte l’aria fresca. Quando il vento lo rese possibile, tirai fuori il Manoscritto e cercai la pagina che stavo leggendo. Non l’avevo ancora trovata quando sentii il rumore di un camion.

Mi nascosi dietro all’albero, cercando di capire dove fosse diretto. Il frastuono proveniva dalla missione e quando si fece più vicino mi accorsi che si trattava del vecchio camion di Sánchez, con lui alla guida.

«Ho pensato che potessi essere qui», esclamò fermandosi accanto a me. «Sali, dobbiamo andarcene.»

«Cosa succede?» gli domandai, scivolando sul sedile di fianco al suo.

Si diresse verso la strada principale. «Uno dei miei sacerdoti mi ha riferito una conversazione che ha sentito nel villaggio: sono arrivati alcuni funzionari del governo e stanno facendo domande su di me e sulla missione.»

«Che cosa credi che vogliano?»

Mi lanciò un’occhiata rassicurante. «Non lo so. Diciamo che non sono più tanto sicuro che d’ora in poi ci lasceranno in pace. Per precauzione ho pensato che dovremmo andarcene sulle montagne. Uno dei miei preti, padre Carl, vive vicino a Machu Picchu. A casa sua saremo al sicuro finché non si chiarirà la situazione.» Sorrise. «In ogni caso ci tenevo a farti vedere il Machu Picchu.»

Improvvisamente ebbi il sospetto che Sánchez si fosse accordato con qualcuno e mi stesse portando chissà dove per consegnarmi. Decisi di procedere con la massima cautela e di rimanere all’erta finché avessi scoperto la verità.

«Hai finito di leggere la traduzione?» mi chiese.

«Quasi.»

«Mi avevi fatto delle domande sull’evoluzione umana: hai completato quella parte?»

«No.»

Distolse lo sguardo dalla strada e mi fissò intensamente. Feci finta di non accorgermene.

«C’è qualcosa che non va?» mi domandò.

«Niente. Quanto tempo ci vuole per raggiungere Machu Picchu?»

«Circa quattro ore.»

Volevo rimanere in silenzio e lasciare che fosse Sánchez a parlare, sperando che potesse in qualche modo tradirsi, ma non riuscii a controllare la mia curiosità sull’evoluzione.

«E allora, in che modo gli esseri umani portano avanti l’evoluzione?»

Mi lanciò un’occhiata di traverso. «Tu che ne dici?»

«Non saprei. Ma quando ero lassù sul crinale avevo pensato che potesse avere a che fare con le coincidenze significative di cui parla la Prima Illuminazione.»

«Esatto. E lo stesso varrebbe anche per le altre Illuminazioni, giusto?»

Mi sentivo confuso. Avevo quasi capito ma non riuscivo ad afferrare del tutto. Rimasi in silenzio.

«Pensa al modo in cui si susseguono le altre Illuminazioni. La Prima si verifica quando prendiamo sul serio le coincidenze. Esse ci fanno capire che esiste qualcosa di più, qualcosa di spirituale che opera dietro ogni nostra azione.

«La Seconda consacra la nostra consapevolezza come qualcosa di reale. Capiamo di esserci occupati della sopravvivenza materiale, sforzandoci di mantenere il controllo della nostra posizione nell’universo per motivi di sicurezza, e sappiamo che la nostra attuale apertura rappresenta una forma di risveglio a ciò che sta realmente accadendo.

«La Terza inaugura una nuova visione della vita. Stabilisce che l’universo fisico è composto da energia pura, una forza che in qualche modo reagisce a ciò che pensiamo.

«La Quarta denuncia la tendenza umana a impossessarsi dell’energia degli altri esseri umani controllandoli e impadronendosi delle loro menti. Questo è un crimine di cui ci macchiamo perché troppo spesso ci sentiamo privi della nostra stessa energia e quindi emarginati. Naturalmente possiamo porre rimedio a questa mancanza stabilendo un contatto con una fonte superiore. L’universo può fornirci tutto ciò di cui abbiamo bisogno, se solo sappiamo aprirci. Questa è la rivelazione contenuta nella Quinta Illuminazione.

«Nel tuo caso, hai avuto un’esperienza mistica che ti ha permesso di vedere brevemente la grandezza dell’energia che si può acquisire. Ma trovarsi in questo stato è come balzare davanti a tutti e dare un’occhiata al futuro. Quando cerchiamo di parlare con qualcuno che agisce in condizioni di normale consapevolezza o proviamo a vivere in un mondo in cui avvengono ancora i conflitti, veniamo bruscamente tolti da questo stato e torniamo al nostro livello d’origine.

«E poi si tratta di riconquistare lentamente ciò che abbiamo appena intravisto, iniziando un viaggio a ritroso verso la consapevolezza suprema. Ma per riuscire a farlo dobbiamo imparare a colmarci consapevolmente di energia perché la stessa energia porta le coincidenze che ci aiutano a realizzare su base permanente questo nuovo livello.»

Probabilmente il mio viso esprimeva la confusione che provavo poiché Sánchez aggiunse: «Prova a pensarci: quando accade qualcosa che va al di là del caso fortuito e ci fa crescere, diventiamo persone più realizzate. Abbiamo la sensazione di essere davvero ciò che il destino ci ha aiutati a diventare. Quando ciò accade, il livello di energia che per prima cosa ha provocato le coincidenze è ormai dentro di noi. Quando siamo spaventati possiamo tornare indietro e perdere questa energia, ma il livello ci serve come nuovo limite estremo che può essere facilmente riguadagnato. Si diventa una persona nuova, si esiste a un livello di energia superiore, a un livello – cerca di capirmi bene – di vibrazione superiore.

«Adesso riesci a vedere questo processo? Noi ci riempiamo, cresciamo, ci riempiamo e cresciamo di nuovo. In questo modo portiamo avanti l’evoluzione dell’universo fino a una vibrazione sempre più alta.»

Si interruppe, poi sembrò concentrarsi per aggiungere qualcosa. «Questa evoluzione è proseguita a livello inconscio durante tutta la storia umana. Questo spiega perché la civilizzazione sia avanzata e perché gli uomini siano diventati più grandi, abbiano vissuto più a lungo, e così via. Adesso stiamo portando questo processo al livello di coscienza. Questo ci dice il Manoscritto, ed è ciò di cui si occupa il movimento per una consapevolezza spirituale a diffusione mondiale.»

Lo ascoltavo con la massima attenzione, completamente affascinato da quello che mi stava raccontando. «Allora dobbiamo solo fare il pieno di energia, come mi ha insegnato John, e le coincidenze cominceranno a verificarsi con maggior consistenza?»

«Sì, ma non è facile come pensi. Prima di entrare in contatto con l’energia in modo permanente dobbiamo superare un altro ostacolo. Ed è quello di cui si occupa la Sesta Illuminazione.»

«Di cosa si tratta?»

Mi guardò di sbieco. «Dobbiamo affrontare il nostro modo particolare di controllare gli altri. Come ben ricordi, la Quarta Illuminazione rivela che gli esseri umani sono da sempre a corto di energia e hanno quindi cercato di controllarsi a vicenda per impossessarsi di quella che scorre fra le persone. La Quinta ci rivela che esiste una fonte alternativa, ma noi non potremo mantenere il contatto con essa finché non saremo consapevoli del modo in cui cerchiamo di controllare gli altri e smetteremo di farlo – perché ogni volta che ricadiamo in questa abitudine il collegamento si interrompe.

«Liberarsi di questa abitudine non è facile poiché inizialmente appartiene alla sfera dell’inconscio. L’unica via è l’attuazione di un processo di consapevolezza che comporta il riconoscimento del meccanismo infantile della ricerca dell’attenzione altrui, di cui noi non ci saremmo ancora liberati. Questo è il nostro dramma del controllo inconscio.

«Lo chiamo dramma perché si tratta di una scena familiare, la scena di un film di cui noi, da giovani, abbiamo scritto le battute. Poi la ripetiamo più volte nella nostra vita quotidiana senza rendercene conto. Sappiamo solo che lo stesso tipo di avvenimenti continua ad accaderci. Il problema è che se ripetiamo in continuazione una certa scena, allora le altre che compongono il film della nostra vita reale, la grande avventura segnata dalle coincidenze, non possono proseguire. Quando ripetiamo questa singola scena per impossessarci di energia in pratica blocchiamo il film.»

Sánchez rallentò, proseguendo con molta cautela attraverso una serie di profonde buche nella strada. Provavo un vago senso di frustrazione. Non riuscivo a capire completamente il modo in cui funzionava il dramma del controllo. Avrei voluto dirlo a Sánchez ma non ci riuscii. Lo sentivo ancora lontano e non mi andava di aprirmi a lui.

«Hai capito?» mi chiese.

«Non saprei», gli risposi bruscamente. «Non so se anche in me c’è un dramma per il controllo.»

Mi guardò con affetto, scoppiando in una fragorosa risata. «Davvero? E allora perché stai sempre così sulle tue?»

 

 

 

CHIARIRE IL PASSATO

La strada davanti a noi si stringeva, curvando bruscamente intorno alla parete rocciosa della montagna. Il camion sobbalzava di continuo. Il cammino era seminato di pietre che rallentavano il nostro viaggio. Sotto di noi si innalzavano le Ande, imponenti cime grigie immerse in banchi di nuvole bianche.

Guardai Sánchez, chino sopra il volante e logorato dalla tensione. Per gran parte della giornata ci eravamo inerpicati su irti pendii, avanzando lungo passaggi resi ancora più angusti dai massi franati. Avrei voluto affrontare nuovamente l’argomento del dramma del controllo, ma non mi sembrava il momento adatto. Sánchez aveva bisogno di tutta la sua energia per guidare, e io stesso non avevo ben chiaro cosa chiedergli. Mi ero letto ciò che restava della Quinta Illuminazione, ritrovando esattamente le parole di Sánchez. L’idea di liberarmi del mio sistema di controllo mi piaceva, soprattutto se fosse davvero servita ad accelerare la mia evoluzione, ma non riuscivo ancora a capire come funzionasse il dramma del controllo.

«A cosa stai pensando?» mi chiese Sánchez.

«Ho terminato di leggere la Quinta Illuminazione, e adesso stavo pensando a quel dramma. Dalle tue parole ho dedotto che tu consideri la mia riservatezza come qualcosa di collegato al mio dramma.»

Non mi rispose, continuando a fissare davanti a sé: a un centinaio di metri da noi la strada era bloccata da un grosso veicolo a quattro ruote motrici. Un uomo e una donna erano fermi sul bordo di un precipizio roccioso a una cinquantina di metri dall’automezzo. Si accorsero della nostra presenza.

Sánchez si fermò a guardarli un attimo, poi sorrise. «Conosco quella donna, è Julia. Va tutto bene. Fermiamoci a parlare con loro.»

Avevano entrambi la pelle scura e un’aria indigena. La donna era più anziana, sulla cinquantina, mentre l’uomo dimostrava appena trent’anni. Quando scendemmo dal camion la donna si diresse verso di noi.

«Padre Sánchez!» esclamò avvicinandosi. «Come stai, Julia?» I due si abbracciarono, poi il sacerdote mi presentò e Julia ci fece conoscere Rolando.

Senza aggiungere altro Julia e Sánchez ci voltarono le spalle, dirigendosi verso lo strapiombo. Rolando mi fissò, e io d’istinto mi voltai e mi incamminai verso gli altri. Ma l’uomo mi seguì come se volesse qualcosa. Anche se i suoi lineamenti e i capelli gli davano un’aria giovanile, la carnagione aveva un aspetto malsano. Per qualche ragione non mi sentivo tranquillo.

Ogni volta che ci avvicinavamo all’orlo del precipizio lui mi guardava, quasi sul punto di parlare, ma ogni volta io distoglievo lo sguardo e acceleravo il passo. Rolando restava in silenzio. Quando finalmente raggiungemmo gli altri, io mi sedetti su una esile sporgenza per impedirgli di accomodarsi accanto a me. Julia e Sánchez erano seduti insieme sullo stesso masso a una ventina di metri sopra la mia testa.

Rolando si piazzò il più vicino possibile a me. Il suo modo ostinato di fissarmi mi infastidiva, anche se allo stesso tempo ero leggermente incuriosito da tanta insistenza.

Appena riuscì a incrociare il mio sguardo mi chiese: «Sei qui per il Manoscritto?»

Aspettai a lungo prima di rispondergli. «Ne ho sentito parlare.»

Mi sembrò perplesso. «L’hai visto?» «Una parte. Tu c’entri in qualche modo?» «Mi interessa», rispose. «Ma non ho ancora visto nessuna copia.» Seguì un lungo silenzio.

«Vieni dagli Stati Uniti?» mi chiese infine. La domanda mi infastidì, così decisi di non rispondere e preferii domandargli: «Il Manoscritto ha qualcosa a che fare con le rovine del Machu Picchu?»

«Non credo, a parte il fatto che è stato scritto più o meno nello stesso periodo in cui sono stati costruiti quei monumenti.» Restai in silenzio, lasciando correre lo sguardo sull’incredibile panorama delle Ande. Se fossi rimasto zitto, prima o poi Rolando mi avrebbe raccontato cosa stavano facendo“ lui e Julia in quel

posto, e in che modo erano collegati al Manoscritto. Restammo seduti una ventina di minuti senza parlare, finché alla fine Rolando si alzò per raggiungere Julia e Sánchez.

Non sapevo cosa fare. Avevo evitato di andarmi a sedere accanto agli altri due perché avevo avuto la netta impressione che volessero parlare da soli. Per un’altra mezz’ora rimasi dov’ero, lasciando correre lo sguardo sul paesaggio roccioso e cercando di cogliere qualche brandello di conversazione. Nessuno di loro mi degnò della benché minima attenzione. Quando alla fine decisi di raggiungerli, mi batterono sul tempo, alzandosi e dirigendosi verso di me prima che io potessi muovermi.

«Devono andarsene», mi informò Sánchez.

«Mi spiace che non abbiamo avuto il tempo di parlare», esclamò Julia. «Spero comunque che ci incontreremo ancora.» Mi stava guardando con lo stesso calore che spesso mi mostrava anche Sánchez. Annuii, e lei aggiunse chinando la testa di lato: «A dire il vero, ho il presentimento che ci vedremo presto».

Mentre scendevamo lungo il sentiero pieno di sassi sentii il bisogno di replicare, ma non riuscii a concentrare i miei pensieri. Quando raggiungemmo il suo fuoristrada Julia si limitò a fare un breve cenno con il capo, salutandoci in tutta fretta e mettendosi alla guida. Lei e Rolando sparirono velocemente, diretti a nord nella stessa direzione da cui eravamo arrivati io e Sánchez. Quell’incontro mi aveva decisamente sconcertato.

Una volta tornati sul camion Sánchez mi chiese: «Rolando ti ha detto qualcosa a proposito di Wil?»

«No. Lo hanno visto?»

Sánchez mi sembrò confuso. «Sì, lo hanno incontrato in un villaggio a circa settanta chilometri a est da qui.»

«Wil ha parlato di me?»

«Ha raccontato a Julia di essere stato separato da te, ma ha parlato soprattutto con Rolando. Tu non gli hai detto chi sei?»

«No, non sapevo se potevo fidarmi.»

Sánchez mi guardò incredulo. «Ti avevo detto che non c’erano problemi a parlare con loro. Conosco Julia da anni: possiede un’azienda a Lima, e da quando hanno trovato il Manoscritto è alla ricerca della Nona Illuminazione. Non viaggerebbe mai con una persona che non sia degna di fiducia, e non c’era quindi nessun pericolo: comportandoti così hai perso un’ottima occasione per ottenere importanti informazioni.»

La sua espressione si fece severa. «Questo è un esempio perfetto di come il dramma del controllo possa interferire», mi spiegò. «Eri talmente chiuso in te stesso da impedire il verificarsi di un’importante coincidenza.»

Vedendomi così sulle difensive si affrettò ad aggiungere: «Va tutto bene, ognuno di noi recita in qualche modo un dramma. Almeno tu sai come funziona il tuo».

«Non capisco! Cosa faccio, esattamente?» «Il tuo modo di controllare persone e situazioni, per attirare energia, consiste nel creare questo tipo di dramma nella tua mente: ti ripieghi su te stesso, mostrandoti misterioso e poco comunicativo. Racconti a te stesso che il tuo comportamento è solo prudente, ma in realtà speri che qualcuno venga coinvolto in questa recita e cerchi di scoprire cosa ti succede. Quando una persona lo fa, tu continui a mostrarti sfuggente costringendola ad affannarsi e a indagare per scoprire i tuoi veri sentimenti.

«E in questo modo la persona ti dona tutta la sua attenzione e questo convoglia su di te la sua energia. Più a lungo riesci a mantenerla interessata e confusa, maggiore è la quantità di energia che ricevi. Sfortunatamente quando sei così scostante la tua vita tende a evolversi molto lentamente, dato che ripeti in continuazione la stessa scena. Se tu ti fossi aperto con Rolando, il film della tua esistenza sarebbe avanzato in una direzione nuova e ricca di significato.»

Mi sentii assalire dalla depressione. Quello era un altro esempio di ciò che Wil mi aveva fatto capire mostrandomi la resistenza che avevo opposto a Reneau quando mi ero rifiutato di concedergli la benché minima informazione. Era tutto vero: avevo la tendenza a nascondere ciò che pensavo. Guardai fuori dal finestrino mentre proseguivamo lungo la strada che portava alle montagne. Sánchez era concentrato sulla guida per evitare i precipizi. Quando la strada si fece più dritta il mio compagno di viaggio mi guardò: «Per ognuno di noi il primo passo da compiersi nel processo di chiarificazione consiste nel raggiungere la piena consapevolezza del nostro particolare dramma del controllo. Niente può procedere finché non guardiamo noi stessi con occhi sinceri e prendiamo coscienza della nostra manipolazione dell’energia. E questo è proprio ciò che è capitato a te». «Qual è il passo successivo?» gli chiesi. «Ognuno di noi deve ripercorrere il proprio passato, la vita famigliare, per capire come si è formata questa abitudine. Vederne l’inizio ci aiuta a mantenere la consapevolezza del nostro modo errato di esercitare il controllo. Ricordati, la maggior parte dei membri della nostra famiglia svolgeva una parte in un dramma, cercando di impossessarsi della nostra energia quando eravamo bambini. E questo è il primo motivo per cui noi stessi abbiamo sviluppato una forma di dramma del controllo, creando una strategia per riprendere quanto ci viene strappato. Ed è sempre in relazione alla nostra famiglia che sviluppiamo una particolare forma di dramma. Ma dopo aver riconosciuto le dinamiche dell’energia in famiglia siamo in grado di superare queste strategie di controllo e di capire finalmente cosa sta accadendo.»

«In che senso?»

«Ogni persona deve reinterpretare la propria esperienza famigliare dal punto di vista dell’evoluzione e scoprire chi è in realtà. Fatto questo, il dramma svanisce e la nostra vita può finalmente decollare.»

«E io da che parte comincio?»

«Arrivando a capire in che modo ha avuto origine il tuo dramma. Parlami di tuo padre.»

«E’ un brav’uomo, onesto, che si gode la vita, ma…» esitai, temendo di sembrare ingrato nei suoi confronti.

«Ma cosa?» volle sapere Sánchez.

«Vedi, era sempre critico. Non facevo mai niente che andasse bene.»

«In che modo ti criticava?»

Un’immagine di mio padre, giovane e forte, mi apparve nella mente. «Mi poneva domande, poi trovava sempre qualcosa di sbagliato nelle risposte.»

«E cosa succedeva alla tua energia?»

«Mi sentivo spossato, e allora cercavo di non raccontargli tutto.»

«Vuoi dire che diventavi vago e distante, sforzandoti di parlare in un modo che potesse attirare la sua attenzione senza però esporti alle sue critiche. Lui era l’inquisitore e tu cercavi di scansarlo con il tuo atteggiamento distaccato.»

«Sì, credo di sì. Ma che cos’è un inquisitore?»

«E’ un altro tipo di dramma. Le persone che usano questo sistema per guadagnare energia lo mettono in scena facendo domande e intromettendosi nella vita degli altri con lo scopo preciso di trovarvi qualcosa di sbagliato. Una volta raggiunto il loro obiettivo iniziano a criticare un determinato aspetto dell’esistenza altrui. Se questa strategia ha successo, la persona criticata si ritrova coinvolta nel dramma. Si accorge improvvisamente della strategia dell’inquisitore e misura il proprio atteggiamento e le proprie risposte in modo da non provocarne le critiche. Questa sottomissione psichica fornisce all’inquisitore l’energia desiderata.

«Prova a ripensare a tutte le volte in cui ti sei trovato vicino a una persona del genere. Quando resti invischiato in un dramma simile non cerchi forse di comportarti in modo da evitare le critiche del tuo inquisitore? Questi riesce ad allontanarti dalla tua strada e ad assorbire la tua energia, perché tu stesso ti giudichi in base alla sua opinione.»

Ricordai di essermi sentito esattamente in quel modo, e la persona che mi venne in mente fu Jensen.

«Allora mio padre era un inquisitore?»

«Così sembra.»

Per un istante rimasi assorto, pensando al dramma di mia madre: se mio padre era un inquisitore, lei cosa poteva essere?

Sánchez mi chiese a cosa stessi pensando.

«Mi chiedevo com’era il dramma del controllo di mia madre. Quanti tipi diversi ne esistono?»

«Adesso ti spiego la classificazione indicata dal Manoscritto», mi spiegò Sánchez. «Ognuno agisce per impadronirsi dell’energia in modo aggressivo, costringendo le persone a prestare loro attenzione, oppure passivamente, sfruttando la sensibilità e la curiosità degli altri. Per esempio, se qualcuno ti minaccia a parole o addirittura fisicamente, per paura che ti accada qualcosa tu gli dai ascolto e finisci per cedergli la tua energia. La persona che cerca di intimidirti ti trascina nel dramma più aggressivo, quello che la Sesta Illuminazione definisce di tipo intimidatorio.

«Se invece qualcuno ti racconta tutte le cose orribili che gli stanno capitando, lasciando sottintendere che ti ritiene responsabile dei suoi guai e che questi continueranno se tu non lo aiuterai, evidentemente cerca di controllarti con un metodo più passivo, quello che il Manoscritto definisce un dramma di tipo vittimistico. Prova a pensarci per un attimo: hai mai incontrato qualcuno che ti facesse sentire in colpa, senza che tu ne avessi commessa alcuna?» «Sì.»

«Bene, ciò avveniva perché eri stato trascinato in un dramma di questo genere. Tutto ciò che una persona dice e fa ti costringe a difenderti dall’idea di non fare abbastanza per lui. Ecco perché accanto a gente simile provi sempre sensi di colpa.» Feci un cenno di assenso.

«Il dramma di ciascuno può essere esaminato», riprese Sánchez, «a seconda della sua posizione in una scala di valori che va dall’aggressivo al passivo. Se una persona è aggressiva in modo sottile, trova errori nel tuo comportamento e sgretola lentamente il tuo universo al fine di impossessarsi della tua energia, come faceva ad esempio tuo padre, ecco che ci troviamo davanti a un inquisitore. Meno passivo del tipo vittimistico è il tuo dramma dell’eccessiva riservatezza. Il dramma può quindi essere classificato in questo ordine: intimidatorio, inquisitore, troppo riservato e del tipo vittimistico. Capisci quel che ti dico?»

«Credo di sì. Tu pensi che ognuno di noi finisca per ricadere in uno di questi modelli?»

«Esatto. Alcuni ne usano diversi a seconda della situazione, ma la maggior parte di noi fa ricorso sempre allo stesso tipo di dramma, basandosi su quello che ha meglio funzionato sui membri della sua famiglia.»

Improvvisamente riuscii a capire: mia madre si era comportata con me proprio come aveva fatto mio padre. Guardai Sánchez. «Adesso so cos’era mia madre: era anche lei un’inquisitrice.»

«Così hai avuto doppia razione. Non c’è da stupirsi che tu sia così chiuso. Ma almeno non cercavano di intimidirti, e quindi non hai mai temuto per la tua sicurezza.» «In quel caso cosa sarebbe accaduto?» «Saresti rimasto bloccato in un dramma di tipo vittimistico. Capisci come funziona? Se tu sei un bambino e qualcuno assorbe la tua energia minacciando di farti del male, stare per conto tuo non basta, non puoi evitare di cedere la tua energia semplicemente mostrandoti riservato. A loro non importa ciò che provi dentro di te, anzi, diventano sempre più forti, mentre tu sei sempre più passivo. Finisci così per ricorrere all’atteggiamento della vittima, facendo appello alla compassione del tuo antagonista. Cerchi di farlo sentire in colpa per il male che sta commettendo.

«Se questo non funziona, quando sei ancora un bambino sopporti finché sei grande abbastanza per esplodere contro la violenza e combattere l’aggressività con altrettanta veemenza.» Si interruppe. «Come per la ragazzina di cui mi hai parlato, quella che vi ha servito la cena nella famiglia peruviana.

«Una persona arriva a compiere qualunque eccesso pur di ottenere l’energia che vuole nell’ambito della sua famiglia. E da quel momento in poi questa strategia diventa il suo sistema preferito per avere il controllo e quindi l’energia. Il dramma cioè si ripete costantemente.»

«Capisco l’intimidatore, ma come si sviluppa l’inquisitore?» «Tu cosa faresti se fossi un bambino e i membri della tua famiglia fossero assenti o ti ignorassero perché troppo impegnati con la propria carriera?» «Non saprei.»

«Essere troppo riservato non servirebbe a ottenere la loro attenzione, perché non si accorgerebbero di nulla. Non credi che finiresti per curiosare e interrogarli fino a trovare qualcosa di sbagliato in queste persone così lontane, catturando la loro attenzione ed energia? E questo è proprio ciò che fa un inquisitore.»

Cominciai a comprendere l’Illuminazione. «Le persone troppo chiuse in se stesse creano degli inquisitori!» «Esatto!»

«E gli inquisitori creano delle persone troppo chiuse in se stesse! Gli intimidatori invece causano l’atteggiamento vittimistico o, se questo non funziona, un altro intimidatore.»

«Giusto. È così che i drammi del controllo si susseguono in continuazione. Ma ricorda che c’è la tendenza a notare negli altri questi drammi, pensando di esserne immuni. Per potersi evolvere ognuno di noi deve superare questa illusione. In genere abbiamo la tendenza a restare bloccati in un certo dramma e dobbiamo quindi fare un passo indietro per poter guardare dentro noi stessi, in modo da scoprire di cosa si tratta.»

Restai un attimo in silenzio e alla fine gli chiesi: «Cosa succede dopo che diventiamo consapevoli del nostro dramma?»

Rallentò per potermi guardare bene negli occhi. «Siamo veramente liberi di diventare qualcosa di più della parte che inconsapevolmente recitiamo. Come ho detto prima, siamo in grado di attribuire un significato più elevato alla nostra esistenza, la ragione spirituale per cui siamo nati proprio nella nostra famiglia. Possiamo iniziare a fare chiarezza su chi siamo veramente.»

«Siamo quasi arrivati», esclamò Sánchez. La strada si incuneava tra due vette. Mentre superavamo una grossa sporgenza alla nostra destra notai una casupola che spiccava su una parete rocciosa.

«Il suo camion non è qui», osservò Sánchez.

Dopo aver parcheggiato ci avvicinammo alla casa. Sánchez aprì la porta ed entrò. Io rimasi fuori ad aspettare, respirando a fondo l’aria fresca e frizzante. Il cielo grigio e pieno di nuvole prometteva pioggia.

Sánchez tornò: «Dentro non c’è nessuno. Probabilmente è alle rovine».

«Come facciamo ad arrivarci?»

Improvvisamente sembrava sfinito. «Sono proprio davanti a noi, a circa due chilometri», mi spiegò porgendomi le chiavi del camion. «Segui la strada dopo il prossimo ponte e le vedrai sotto di te. Io preferisco fermarmi qui a meditare.»

«Va bene», gli risposi, affrettandomi a salire sul camion.

Raggiunsi una piccola vallata e arrivai fino a un crinale, pregustando dentro di me il panorama che mi sarei trovato davanti. E infatti non rimasi deluso. Giunto in cima vidi le rovine del Machu Picchu nel loro pieno splendore: un tempio di rocce massicce accuratamente modellate, poste una sopra l’altra in vetta alla montagna. Persino nella luce offuscata del cielo nuvoloso la bellezza di quel luogo era sconvolgente.

Fermai il camion e rimasi ad assorbire energia per una quindicina di minuti. In mezzo alle rovine si aggiravano alcuni gruppi di persone. Un uomo si stava allontanando dai ruderi di un edificio, verso un veicolo parcheggiato nelle vicinanze. Era abbastanza lontano da me, ma credetti di scorgere sotto il giaccone di pelle l’abito talare. Non ero sicuro che si trattasse di padre Carl.

Misi in moto il camion e mi avvicinai. Appena sentì il rombo del motore l’uomo sollevò lo sguardo e sorrise, riconoscendo il mezzo di Sánchez. Quando mi vide al posto di guida il suo sguardo si fece curioso. Era piccolo e tozzo, con i capelli castani, i lineamenti massicci e gli occhi azzurri. Dimostrava una trentina d’anni. «Sono con padre Sánchez», esclamai scendendo dal camion e presentandomi. «Adesso si trova a casa tua.»

Mi porse la mano. «Io sono padre Carl.» Guardai le rovine alle sue spalle. Da quella distanza le pietre erano ancora più impressionanti.

«E’ la prima volta che vieni da queste parti?» mi chiese. «Sì. Ne ho sentito parlare per anni ma non mi sarei mai aspettato niente del genere.»

«È uno dei più alti centri di energia del mondo.» Lo guardai con attenzione: era evidente che parlava dell’energia attribuendole lo stesso significato usato nel Manoscritto. Feci un cenno d’assenso e gli risposi: «Sono arrivato al punto in cui cerco coscientemente di produrre energia e occuparmi del mio dramma del controllo». Con il rischio di apparire presuntuoso, avevo deciso di essere sincero e diretto.

«Non mi sembri troppo distante», disse lui. Rimasi sbigottito. «Come fai a sapere che è proprio questo il mio tipo di dramma?»

«Ho sviluppato un certo istinto per queste cose. Ecco perché mi trovo qui.»

«Tu aiuti le persone a riconoscere il loro modo di controllare?»

«Sì, e anche a vedere la loro vera essenza.» I suoi occhi brillavano sinceri, e lui stesso si esprimeva con franchezza senza mostrare il minimo imbarazzo nel rivolgersi a uno sconosciuto.

Rimasi in silenzio, e lui aggiunse: «Tu capisci le prime cinque Illuminazioni?»

«Le ho lette quasi per intero, e ne ho discusso con molte persone.»

Nel momento stesso in cui gli davo questa risposta mi resi conto di essere stato troppo vago. «Credo di capire le prime cinque, ma non ho ben chiara la Sesta.»

Annuì e cominciò a spiegare: «La maggior parte della gente con cui parlo non ha nemmeno sentito parlare del Manoscritto. Si limitano a venire qui e restano poi catturati dall’energia. E questo basta a mettere in discussione la loro esistenza.» «Come fai a incontrarli?»

Mi guardò con l’aria di chi la sa lunga. «Sembra che siano loro a trovare me.»

«Hai detto che li aiuti a trovare la loro vera essenza: come?»

Prima di rispondermi trasse un profondo respiro. «Esiste un solo modo: ognuno di noi deve tornare indietro, risalire alla propria esperienza famigliare, ai tempi e ai luoghi dell’infanzia, rivedere tutto ciò che è accaduto. Quando diventiamo consapevoli del nostro dramma del controllo possiamo concentrarci sulla verità della nostra famiglia, nascosta dietro a ogni conflitto di energia. La verità che scopriamo è in grado di infondere energia alla nostra esistenza: ci dice chi siamo, il sentiero su cui ci troviamo e cosa stiamo facendo.»

«E’ quello che mi ha spiegato Sánchez», lo interruppi. «Io vorrei sapere qualcosa di più su come trovare questa verità.»

Chiuse il giaccone, cercando di ripararsi dal freddo del tardo pomeriggio. «Spero che potremo parlarne più tardi. In questo momento vorrei proprio andare a salutare padre Sánchez.»

Guardai verso le rovine, e padre Carl aggiunse: «Dai pure un’occhiata in giro. Ci vediamo tra un po’ a casa mia».

Per un’ora e mezza mi aggirai in quel luogo antichissimo, fermandomi nei punti che mi facevano sentire più forte e sicuro. Ero incuriosito e affascinato dalla civiltà che aveva costruito quei templi: come avevano fatto a portare i massi così in alto, sistemandoli poi uno sopra l’altro in quel modo particolare? Mi sembrava un’impresa impossibile.

Appena l’interesse per le rovine cominciò a svanire, tornai a concentrarmi sulla mia situazione personale. Sebbene le circostanze non fossero cambiate, mi sentivo ora meno spaventato: la sicurezza di Sánchez mi aveva confortato. Ero stato uno sciocco a dubitare di lui. E padre Carl mi era piaciuto subito.

Quando cominciò a calare l’oscurità mi avviai verso il camion e tornai verso casa di padre Carl. Dall’esterno potevo vedere lui e padre Sánchez in piedi, vicini. Quando entrai sentii le loro risate. Erano in cucina a preparare la cena. Padre Carl mi venne incontro e mi indicò una sedia davanti al camino, sulla quale rimasi seduto guardandomi pigramente intorno.

La stanza era ampia, rivestita di assi di legno leggermente macchiate. Riuscivo a vedere altri due locali che dovevano essere camere da letto, uniti da uno stretto corridoio. La casa era illuminata da lampadine a basso voltaggio, e mi sembrò di sentire il ronzio sommesso di un generatore.

Quando la cena fu pronta mi chiesero di unirmi a loro, e mi accomodai a un rozzo tavolo di legno. Sánchez recitò una breve preghiera e ci mettemmo a mangiare. I due sacerdoti continuarono a conversare. Dopo aver finito ci sedemmo tutti insieme davanti al fuoco.

«Padre Carl ha parlato con Wil», mi informò Sánchez.

«Quando?» gli chiesi, subito eccitato.

«Wil è passato da queste parti qualche giorno fa», mi spiegò padre Carl. «Ci eravamo già incontrati l’anno scorso, e adesso è venuto a darmi alcune informazioni. Crede di sapere chi si nasconde dietro le iniziative del governo contro il Manoscritto.» «Chi?»

«Il cardinale Sebastián», intervenne Sánchez.

«Cosa sta facendo?» volli sapere.

«Apparentemente usa la sua influenza presso il governo per aumentare la pressione militare contro il Manoscritto. Ha sempre preferito lavorare nell’ombra servendosi delle autorità, anziché provocare una spaccatura all’interno della Chiesa. In questo periodo sta intensificando i suoi sforzi, e purtroppo potrebbe avere successo», mi spiegò Sánchez.

«Cosa vorresti dire?» gli chiesi.

«A parte i pochi preti del Northern Council e alcune persone come Julia e Wil, sembra che nessuno possieda altre copie del Manoscritto.»

«E gli studiosi a Vicíente?»

Rimasero entrambi in silenzio, poi padre Carl riprese: «Wil mi ha raccontato che le autorità hanno chiuso il centro. Tutti gli studiosi sono stati arrestati e i dati delle loro ricerche sono stati confiscati».

«Ma la comunità scientifica potrà tollerare un simile comportamento?»

«Perché, credi che abbiano un’alternativa?» ribatté Sánchez. «Non dimenticare che la maggior parte degli studiosi era contraria alla ricerca. E poi sembra che il governo voglia far credere che tutte quelle persone stessero infrangendo la legge.»

«Non posso credere che riescano a cavarsela così a buon mercato!»

«E invece sembra proprio che ce l’abbiano fatta», si intromise padre Carl. «Ho fatto alcune telefonate per saperne di più: sempre la stessa storia. Anche se il governo sta cercando di tenere tutto nascosto, ci sono sempre fughe di notizie.»

«Cosa pensate che succederà?» chiesi.

Padre Carl si strinse nelle spalle e Sánchez rispose: «Non saprei, magari dipende da ciò che troverà Wil».

«Perché?»

«Sembra che sia sul punto di scoprire la parte mancante del Manoscritto, la Nona Illuminazione. Se ci riuscisse, potrà creare un interesse così elevato da provocare un intervento a livello mondiale.»

«Dove ha detto che sarebbe andato?» chiesi a padre Carl.

«Non lo sapeva con esattezza, mi ha detto solo che le sue intuizioni lo spingevano a nord, verso il Guatemala.»

«Le sue intuizioni lo stanno guidando?»

«Sì, potrai capirlo anche tu quando saprai con chiarezza chi sei e sarai in grado di passare alla Settima Illuminazione.»

Li guardai, colpito dalla loro incredibile serenità. «Come fate a restare così calmi? E se irrompessero in questa casa, arrestandoci tutti?»

Mi guardarono a loro volta con aria paziente, poi Sánchez mi rispose: «Non confondere la calma con l’incoscienza. Il nostro atteggiamento tranquillo è la prova di quanto siamo ben collegati con l’energia. Manteniamo il contatto perché per noi è la cosa migliore da farsi, senza preoccuparci delle circostanze. Lo capisci, vero?»

«Sì, naturalmente. Ma, per quanto mi riguarda, temo di avere dei problemi a mantenere il contatto.»

Sorrisero entrambi.

«Sarà più facile per te quando saprai con chiarezza chi sei», mi consolò padre Carl.

A quel punto Sánchez si alzò dicendo che sarebbe andato a lavare i piatti.

Mi rivolsi a padre Carl. «Bene. Come faccio a chiarire chi sono?»

«Padre Sánchez mi ha detto che hai già compreso il dramma del controllo dei tuoi genitori.»

«Esatto: erano due inquisitori, e per questo io mi sono chiuso in me stesso.»

«Adesso devi guardare oltre il conflitto per l’energia esistente nella tua famiglia e cercare la vera ragione della tua presenza nella famiglia stessa.»

Lo guardai stupito.

«Per arrivare alla scoperta della tua vera identità spirituale

devi considerare la tua vita come una lunga storia, cercando di trovarvi un significato più alto. Comincia a domandarti: perché sono nato in questa particolare famiglia? Quale potrebbe essere lo scopo di tale avvenimento?» «Non saprei», risposi.

«Tuo padre era un inquisitore, e che altro?» «Vuoi sapere quali sono i suoi valori?» «Sì.»

Pensai un attimo prima di rispondere. «Mio padre è determinato a godersela, vivendo onestamente ma prendendosi il massimo di tutto ciò che l’esistenza può offrire. Capisci, vivere con la massima intensità…»

«Ed è stato capace di farlo?»

«Fino a un certo punto; ma in qualche modo sembra che la sfortuna lo colpisca ogni volta che sta per dargli il massimo.»

Padre Carl socchiuse gli occhi in contemplazione. «E’ convinto che la vita sia gioia e divertimento, ma quasi mai riesce a raggiungere la pienezza di entrambi?» «Sì.»

«Ti sei mai chiesto perché?»

«Non proprio. Ho sempre pensato che fosse sfortunato.» «Forse non ha ancora trovato il modo di farcela.» «Può darsi.»

«Che mi dici di tua madre?» «E’ morta.»

«Riesci a visualizzare la sua vita?»

«Certo: la sua vita era la Chiesa, e i suoi valori erano i principi del cristianesimo.» «In che senso?»

«Credeva di dover aiutare la comunità e seguire le leggi di Dio.»

«E le ha davvero seguite?»

«Alla lettera, almeno per quanto le ha insegnato la Chiesa.» «Era capace di convincere tuo padre a fare lo stesso?» Scoppiai a ridere. «Non proprio. Mia madre avrebbe voluto che lui andasse in chiesa tutte le settimane e partecipasse a qualche programma della comunità, ma come ti ho già detto lui era uno spirito troppo libero per lasciarsi coinvolgere in certe cose.»

«Tu in che posizione ti ritrovavi?»

Lo fissai, sorpreso. «Non ci ho mai pensato.» «Non cercavano forse entrambi il tuo appoggio? Non era quello il motivo per cui ti interrogavano, per essere sicuri che tu non fossi dalla parte dell’uno o dell’altra? Ognuno di loro non voleva forse che tu ti mostrassi d’accordo con le sue posizioni?»

«Sì, hai ragione.» «Come reagivi?»

«Cercavo solo di non prendere posizione, almeno credo.» «Entrambi ti tenevano d’occhio per vedere come li giudicavi, ed essendo incapace di accontentare entrambi tu ti mostravi distaccato.»

«Credo tu abbia ragione.» «Che cosa è successo a tua madre?»

«Le è venuto il morbo di Parkinson ed è morta dopo una lunga malattia.»

«È rimasta attaccata alla sua fede?» «Assolutamente. Fino alla fine.» «Che significato ha lasciato in te?» «In che senso?»

«Tu stai cercando il significato che la sua vita ha per te, la ragione per cui proprio lei è tua madre e ciò che devi imparare, essendo nato nella tua famiglia. A livello conscio o inconscio ogni essere umano dimostra con la propria esistenza come ritiene che un uomo o una donna debbano vivere. Devi quindi cercare di scoprire che cosa ti ha insegnato tua madre e allo stesso tempo quali aspetti della sua esistenza avrebbero potuto essere migliorati. Ciò che avresti cambiato in lei è parte di ciò su cui tu stesso stai lavorando.»

«Perché è solo una parte?»

«Perché l’altra parte è composta da ciò che avresti cambiato in tuo padre.»

Ero ancora confuso.

Mi appoggiò una mano sulla spalla. «Noi non siamo solo la creazione fisica dei nostri genitori. Tu sei nato da queste due persone e le loro esistenze hanno avuto un effetto irrevocabile su ciò che sei adesso. Per scoprire la tua vera essenza devi ammettere che questa si trova in una posizione intermedia tra le loro due verità. Ecco perché sei nato proprio nella tua famiglia: per avere una prospettiva migliore di tutti i valori propugnati dai tuoi

genitori. La tua strada ti porta a scoprire la verità, che è poi la sintesi di tutto ciò in cui credevano queste due persone.» Feci un cenno d’assenso.

«Allora, in che modo esprimeresti ciò che ti hanno insegnato i tuoi genitori?»

«Non saprei», risposi. «Cosa ne pensi?»

«Mio padre credeva che lo scopo dell’esistenza fosse quello di ampliare al massimo la vitalità e il piacere che gli derivava dalla sua stessa personalità, ed è quello che ha sempre cercato di fare. Mia madre credeva invece nel sacrificio e nel fatto di dover passare il tempo ad aiutare gli altri, secondo gli insegnamenti delle Sacre Scritture.» «E tu che ne pensi?» «Sinceramente, non saprei.»

«Quale punto di vista sceglieresti, quello di tuo padre o quello di tua madre?»

«Nessuno dei due. Voglio dire, la vita non è così semplice.» Scoppiò a ridere. «Ecco che diventi vago!» «Temo proprio di non saperlo.»

«Ma se tu dovessi scegliere uno dei due modi di pensare?» Esitai, cercando di decidere in tutta onestà, poi finalmente trovai la risposta.

«Entrambe sono giuste e sbagliate.» I suoi occhi si illuminarono. «In che senso?» «Non ne sono del tutto sicuro, ma credo che una vita giusta debba comprendere entrambi i punti di vista.»

«Tu devi scoprire come riuscirci, e in che modo sia possibile vivere un’esistenza di cui facciano parte entrambe. Tua madre ti ha insegnato che la vita è spiritualità, tuo padre invece che la vita è esaltazione di sé, divertimento, avventura.»

«Questo significa che la mia vita è in qualche modo la fusione di questi due modi di pensare?»

«Sì. Nel tuo caso è un problema di spiritualità. Nel corso della tua vita, infatti, cercherai di trovare una forma di spiritualità che ti permetta di sentirti realizzato. Questo è il problema che i tuoi genitori non sono riusciti a risolvere e ti hanno quindi lasciato in eredità. Si tratta della tua evoluzione, in pratica della ricerca che devi affrontare in questa esistenza.»

Mi misi a riflettere. Padre Carl disse qualcos’altro ma non riuscivo a concentrarmi sulle sue parole. Il fuoco quasi spento aveva su di me un effetto rilassante, e mi accorsi di essere stanco.

Il sacerdote si alzò e disse: «Credo che per questa sera tu abbia esaurito ogni energia, ma lascia che ti dica un’ultima cosa: adesso puoi andartene a dormire e non pensare più alle cose di cui abbiamo discusso, puoi tornare al tuo vecchio dramma o svegliarti invece domattina pensando a questa nuova concezione della tua persona. In questo caso potrai affrontare il passo successivo che consiste nel considerare attentamente tutto ciò che ti è accaduto a partire dal giorno della tua nascita. Se consideri la tua vita come una lunga storia riuscirai a vedere in che modo te ne sei occupato fino a oggi, capirai come hai fatto ad arrivare in Perù e quali saranno le tue prossime mosse.»

Annuii e lo guardai attentamente. Il suo sguardo mi comunicava calore e comprensione, la stessa espressione che avevo visto spesso sui volti di Wil e Sánchez.

«Buona notte», si congedò padre Carl, e andò in camera da letto chiudendosi la porta alle spalle. Sistemai il mio sacco a pelo sul pavimento e mi addormentai subito all’istante.

Mi svegliai pensando a Wil: volevo chiedere a padre Carl che altro sapeva dei suoi piani. Ero ancora avvolto nel sacco a pelo quando il sacerdote entrò silenziosamente nella stanza per accendere il fuoco.

Io feci scorrere la cerniera del sacco a pelo e lui mi guardò richiamato dal rumore.

«Buon giorno», esclamò. «Come hai dormito?»

«Bene», risposi alzandomi in piedi.

Appoggiò sui carboni alcuni legnetti e dei ceppi più grandi.

«Wil ha detto cosa aveva intenzione di fare?» gli chiesi.

Padre Carl mi fissò. «Ha detto che sarebbe andato a casa di un amico ad aspettare certe informazioni, probabilmente qualcosa che ha a che fare con la Nona Illuminazione.»

«Che altro ha detto?»

«È convinto che il cardinale Sebastián voglia trovare lui stesso l’ultima Illuminazione. Sembra che sia sul punto di farlo. Secondo Wil la persona che raggiungerà questa Illuminazione potrà decidere se diffondere e far capire il Manoscritto.»

«Perché?»

«Non lo so con certezza: Wil è stato il primo a riunire e leggere le varie Illuminazioni, ed è in grado di comprenderle meglio di chiunque altro. Io credo sia convinto che l’ultima renda più chiare e accettabili tutte le altre.» «Pensi che abbia ragione?»

«Non saprei, la mia comprensione non è pari alla sua. Tutto ciò che capisco è quello che devo fare.» «Che sarebbe?»

Si fermò un attimo, poi riprese. «Come ti ho già spiegato, il mio scopo è quello di aiutare le persone a scoprire chi sono in realtà, e l’ho capito leggendo il Manoscritto. La Sesta è la mia Illuminazione particolare: per me la verità consiste nell’aiutare gli altri a comprenderla. So di poterlo fare perché io stesso sono passato attraverso il processo.»

«Qual era il tuo dramma del controllo?» gli chiesi. Mi guardò con aria divertita. «Ero un inquisitore.» «Controllavi le persone trovando qualcosa di sbagliato nel modo in cui conducevano le loro esistenze?»

«Esatto. Mio padre apparteneva al genere vittimistico e mia madre era invece chiusa in se stessa. Mi ignoravano completamente, e l’unico mezzo che avevo per ottenere una qualunque forma di energia era curiosare in quello che stavano facendo e trovarci qualcosa di sbagliato.»

«E quando hai superato questo tipo di dramma?» «Circa diciotto mesi fa, quando ho incontrato padre Sánchez e ho cominciato a studiare il Manoscritto. Dopo aver analizzato con attenzione i miei genitori mi sono reso conto di ciò che la mia esperienza con loro mi aveva preparato a fare. Vedi, mio padre era per i risultati, andava dritto verso l’obiettivo e pianificava il suo tempo nei minimi dettagli, giudicando se stesso in base a ciò che riusciva a ottenere. Mia madre invece era molto intuitiva e mistica, credeva che ognuno di noi avesse una guida spirituale e che la vita consistesse nel seguire tale direzione.»

«Tuo padre cosa ne pensava?» «Credeva che fosse pazza.» Sorrisi senza fare nessun commento.

«Riesci a capire in che posizione venivo a trovarmi?» mi chiese.

Scrollai la testa: non riuscivo a capire.

«Per via di mio padre», mi spiegò Carl, «io ero particolarmente sensibile all’idea che il senso della vita fosse ottenere qualcosa, avere qualcosa di importante da fare e riuscire in quella cosa. Ma al tempo stesso mia madre continuava a ripetermi che la vita si basava su una guida interiore. E io mi sono reso conto che la mia esistenza era la sintesi di entrambi i punti di vista. Cercavo di scoprire in che modo veniamo guidati dall’interno verso la missione che solo noi siamo in grado di svolgere, sapendo che tale compito è della massima importanza e può farci sentire felici e realizzati.» Annuii.

«A questo punto puoi capire perché ero così eccitato per la Sesta Illuminazione: non appena l’ho letta ho capito che il mio compito era quello di aiutare la gente a fare chiarezza dentro di sé in modo da poter intuire il proprio scopo.»

«Tu sai come ha fatto Wil a trovare la sua strada?» «Sì, ha condiviso con me parte delle sue informazioni. Il dramma di Wil era il distacco, come il tuo. E proprio come nel tuo caso, ognuno dei suoi genitori era un inquisitore e aveva una filosofia che avrebbe voluto che Wil condividesse. Suo padre era uno scrittore tedesco convinto che il destino dell’umanità fosse quello di perfezionarsi. Citava sempre e solo i più puri principi umanitari, ma i nazisti sfruttarono la sua idea di perfezione per legittimare lo sterminio criminale delle cosiddette razze inferiori.

«La corruzione delle sue idee lo distrusse, costringendolo a emigrare in Sudamerica con la moglie e Wil. La donna, di origine peruviana, era cresciuta e aveva studiato in America. Era una scrittrice, e le sue opinioni filosofiche erano prettamente orientali. Credeva che lo scopo della vita fosse quello di raggiungere l’illuminazione interna, una maggiore consapevolezza caratterizzata da una tranquillità d’animo e dal distacco dalle cose del mondo. Secondo lei il senso della vita non era la ricerca della perfezione ma piuttosto l’abbandono del bisogno di perfezionismo… Riesci a capire in che posizione è venuto a trovarsi Wil?» Scrollai la testa.

«Si è trovato in una posizione molto difficile: suo padre sosteneva l’idea occidentale di lavorare per il progresso e la perfezione, mentre sua madre sosteneva la credenza orientale che la vita consiste solo nel raggiungere la pace interna, e nient’altro.

«Queste due persone hanno preparato Wil a lavorare sul modo di integrare le principali discrepanze filosofiche tra la cultura occidentale e quella orientale, senza che lui, in un primo tempo, lo sapesse. Prima è diventato un ingegnere dedito al progresso e poi una semplice guida che ricercava la pace portando la gente nei posti più belli e toccanti di questo paese.

«La ricerca del Manoscritto ha risvegliato in lui tutto ciò. Le Illuminazioni si rivolgono direttamente al suo problema principale, rivelando che il pensiero orientale e quello occidentale possono essere integrati in una verità superiore. Ci mostrano che l’Occidente ha ragione quando afferma che la vita è progresso, un’evoluzione verso qualcosa di più elevato. E al tempo stesso l’Oriente ha ragione quando sottolinea che dobbiamo lasciar perdere il controllo: non possiamo progredire usando solo la logica, ma dobbiamo piuttosto raggiungere una consapevolezza più piena, un’intima connessione con Dio, perché solo allora la nostra evoluzione verso qualcosa di superiore può essere guidata dalla parte superiore di noi stessi.

«Quando Wil ha cominciato a scoprire le Illuminazioni, la sua vita intera ha iniziato a scorrere. Ha incontrato José, il sacerdote che per primo ha trovato il Manoscritto e lo ha tradotto. Subito dopo si è imbattuto nel padrone di Vicíente e lo ha aiutato a fondare il centro di ricerche. Più o meno nello stesso periodo ha incontrato Julia, che era in affari e al tempo stesso guidava gruppi di persone nelle foreste vergini.

«Era proprio con Julia che Wil aveva la maggiore affinità. Si erano piaciuti subito per via della somiglianza dei loro percorsi. Julia è cresciuta con un padre che parlava di idee spirituali ma in modo capriccioso e incostante. Sua madre, invece, insegnava retorica in un college, era una donna portata alla discussione che pretendeva chiarezza di pensiero. Naturalmente Julia ha finito per cercare informazioni sulla spiritualità, esigendo che fossero chiare e precise.

«Wil voleva una sintesi fra Oriente e Occidente che spiegasse la spiritualità umana, e da parte sua Julia voleva che questa spiegazione fosse perfettamente chiara… e il Manoscritto poteva soddisfare entrambi.»

«La colazione è pronta», gridò Sánchez dalla cucina.

Mi girai di scatto, sorpreso: non mi ero accorto della presenza di Sánchez. Interrompendo la nostra conversazione ci unimmo a lui

per consumare un pasto a base di frutta e cereali. Alla fine padre Carl mi chiese di fare una passeggiata fino alle rovine. Accettai, desideroso di tornare in quei luoghi. Chiedemmo a padre Sánchez di unirsi a noi, ma lui rifiutò con gentilezza, spiegandoci che doveva scendere dalla montagna per fare alcune telefonate.

Quando uscimmo il cielo era limpidissimo e il sole brillava sulle vette intorno a noi. Ci mettemmo subito in marcia.

«Credi sia possibile contattare Wil?» domandai a un certo punto.

«No. Non mi ha detto di quali amici si tratta. L’unica cosa che potremmo fare è arrivare fino a Iquitos, una città nei pressi del confine settentrionale, ma temo che in questo periodo possa essere pericoloso.»

«Perché proprio quella città?»

«Wil era convinto che le sue ricerche l’avrebbero portato laggiù, una zona in cui si trovano molte rovine. Anche il cardinale Sebastián ha una missione da quelle parti.»

«Secondo te riuscirà a trovare l’ultima Illuminazione?»

«Non saprei.»

Camminammo in silenzio per alcuni minuti finché padre Carl mi domandò: «Hai deciso il percorso che dovrai seguire personalmente?»

«Cosa intendi dire?»

«Padre Sánchez ha detto che all’inizio avevi espresso l’intenzione di tornare subito negli Stati Uniti, ma che poi sei sembrato più interessato alla scoperta delle Illuminazioni. Adesso come ti senti?»

«Incerto, eppure per chissà quale ragione ho voglia di continuare.»

«Mi sembra di ricordare che un uomo è stato ucciso proprio davanti ai tuoi occhi.»

«E vero.»

«E tu vuoi fermarti ugualmente?»

«No: voglio andarmene, salvarmi la vita… eppure eccomi qua.»

«Quale credi che sia la ragione del tuo comportamento?» mi chiese.

Lo scrutai attentamente. «Non lo so. Tu cosa dici?»

«Ti ricordi il punto in cui abbiamo interrotto la nostra conversazione ieri sera?»

Me lo ricordavo benissimo. «Avevamo scoperto il compito che mi hanno lasciato i miei genitori: trovare una spiritualità che sia appagante, in grado di donare un senso di avventura e soddisfazione. E tu hai detto che se avessi analizzato attentamente la mia vita, tale questione l’avrebbe messa nella giusta prospettiva, chiarendo ciò che mi sta accadendo adesso.»

Mi sorrise con aria misteriosa. «Sì, secondo il Manoscritto succederà proprio così.» «In che modo?»

«Ognuno di noi deve rivedere le svolte significative della sua esistenza e reinterpretarle alla luce della propria evoluzione.» Scrollai la testa, ancora incapace di capire. «Cerca di percepire la sequenza di interessi, amici importanti e coincidenze che si sono susseguite nella tua vita: non ti hanno forse condotto da qualche parte?»

Ripercorsi la mia storia a partire dall’infanzia, senza riuscire a scorgervi nessuno schema particolare.

«Come passavi il tempo da bambino?» mi chiese. «Non saprei, credo di essere stato un ragazzino normalissimo. Leggevo molto.»

«Che genere di libri?»

«Soprattutto gialli, storie di fantasmi e fantascienza.» «E dopo cosa è accaduto?»

Pensai all’effetto che aveva avuto su di me mio nonno, e raccontai a padre Carl del lago e delle montagne.

Lui annuiva con un’espressione di grande saggezza. «E quando sei cresciuto, che cosa è successo?»

«Me ne sono andato per frequentare il college, e nel frattempo è morto mio nonno.» «Cosa hai studiato?» «Sociologia.» «Perché?»

«Avevo incontrato un professore che mi piaceva, mi interessava molto la conoscenza che aveva della natura umana, e così decisi di studiare con lui.» «E dopo?»

«Mi sono laureato e ho iniziato a lavorare.» «Ti piaceva?»

«Sì, almeno per un certo periodo.» «Poi le cose sono cambiate?»

«Avevo l’impressione che tutto ciò che facevo fosse incompleto. Mi occupavo di adolescenti emotivamente disturbati, e pensavo di aver capito il modo in cui superavano il loro passato smettendo di comportarsi in maniera autodistruttiva. Ero convinto di poterli aiutare a continuare a vivere, finché mi sono reso conto che c’era qualcosa di sbagliato nel mio approccio.»

«E allora?»

«Ho mollato il lavoro.» «E?»

«E poi una vecchia amica mi ha telefonato per parlarmi del Manoscritto.»

«E’ stato allora che hai deciso di venire in Perù?» «Sì.»

«Che cosa pensi di questa tua esperienza?»

«Penso di essere impazzito, e che finirò per farmi ammazzare.»

«Ma qual è il tuo parere sul modo in cui è progredita tale esperienza?»

«Non capisco.»

«Quando padre Sánchez mi ha raccontato ciò che ti è successo fin dal tuo arrivo qui in Perù, sono rimasto stupito dalla serie di coincidenze che ti hanno portato a scoprire le Illuminazioni del Manoscritto proprio quando ne avevi bisogno.»

«Cosa pensi che significhi tutto ciò?» gli chiesi.

Si fermò di colpo, e mi guardò. «Significa che eri pronto. Sei come tutti noi che ci troviamo qui: eri arrivato al punto in cui avevi bisogno del Manoscritto perché la tua vita continuasse a evolversi.

«Prova a pensare alla concatenazione degli avvenimenti della tua esistenza. Fin dall’inizio eri interessato al mistero, e tale interesse ti ha portato a studiare la natura umana. Perché credi di aver incontrato quel professore? Lui ha focalizzato i tuoi interessi e ti ha spinto a indagare sul mistero più grande: la condizione umana, il problema di cosa sia in realtà la vita. A un certo livello tu sapevi che, perché l’esistenza possa proseguire, è necessario il superamento dei condizionamenti del passato. Ecco perché hai lavorato con quei ragazzi.

«Adesso però ti rendi conto che sono state necessarie le Illuminazioni per farti capire cosa mancava al tuo approccio: per evolversi i giovani emotivamente disturbati devono fare quello che tutti noi dobbiamo fare, e cioè restare collegati con energia sufficiente a vedere attraverso il loro intenso dramma del controllo e avanzare verso un processo spirituale, un processo che tu hai sempre cercato di capire.

«Vedi questi avvenimenti in una prospettiva più ampia: tutti gli interessi che ti hanno fatto avanzare in passato, tutte le fasi della tua crescita, ti stavano semplicemente preparando alla tua venuta in Perù, all’esplorazione delle Illuminazioni. Per tutta la vita ti sei dedicato alla ricerca della spiritualità, e l’energia che hai assorbito dal luogo naturale in cui sei cresciuto, energia che tuo nonno ha cercato di mostrarti, alla fine ti ha dato il coraggio di venire fin qui. E qui ti trovi perché questo è il luogo in cui puoi continuare la tua evoluzione. La tua esistenza è stata un lungo cammino che ti ha portato direttamente qui, in questo preciso momento.»

Sorrise. «Quando saprai integrare completamente questa visione della tua vita avrai raggiunto ciò che il Manoscritto definisce una chiara consapevolezza della tua via spirituale. Secondo il Manoscritto ognuno deve dedicare tutto il tempo necessario a questo processo di chiarificazione del passato. La maggior parte di noi ha un dramma del controllo da superare, ma dopo averlo fatto occorre anche comprendere l’alto significato per cui siamo nati proprio dai nostri genitori, e per che cosa ci hanno preparati i cambiamenti e le svolte della vita. Abbiamo uno scopo spirituale, una missione che abbiamo cercato di portare a compimento senza esserne del tutto consapevoli, e quando raggiungiamo tale consapevolezza la nostra vita può finalmente decollare.

«Per quanto ti riguarda, adesso tu sai qual è questo scopo. Devi quindi proseguire, permettendo alle coincidenze di darti un’idea sempre più chiara di come continuare la ricerca dal punto in cui sei arrivato, di ciò che devi fare qui. Da quando ti trovi in Perù hai sempre fatto affidamento sull’energia di Wil e di padre Sánchez, ma adesso devi imparare a evolverti da solo e in modo consapevole.»

Stava per aggiungere qualcosa, ma fummo distratti dall’arrivo del camion di Sánchez che accostò e abbassò il finestrino.

«C’è qualcosa che non va?» domandò padre Carl.

«Devo sbrigarmi a fare i bagagli e tornare alla missione: sono arrivate le truppe governative… e anche il cardinale Sebastián.»

Salimmo entrambi a bordo del camion e Sánchez guidò fino

alla casa di padre Carl, raccontandoci che le truppe si erano presentate alla missione per sequestrare tutte le copie del Manoscritto e forse addirittura per chiudere la missione.

Quando arrivammo a casa padre Sánchez si mise subito a fare i bagagli. Io me ne stavo in piedi, indeciso. Padre Carl si avvicinò all’altro sacerdote e disse: «Credo che dovrei venire con te».

Sánchez si girò verso di lui. «Ne sei sicuro?»

«Sì, credo proprio che dovrei farlo.»

«A che scopo?»

«Non lo so ancora.»

Sánchez lo fissò per un lungo istante prima di riprendere a fare i bagagli. «Se credi che sia la cosa migliore da fare…»

Io ero ancora appoggiato allo stipite della porta. «E io?» Si girarono a guardarmi.

«Tocca a te decidere», mi rispose padre Carl.

Mi limitai a fissarli.

«Devi essere tu a decidere», intervenne padre Carl.

Non riuscivo a credere che potessero essere così indifferenti alla mia scelta. Andare con loro voleva sicuramente dire farsi arrestare dalle truppe peruviane, ma al tempo stesso come avrei potuto restarmene là da solo?

«Sentite, io non so cosa fare, e voi due dovete aiutarmi. C’è qualcun altro che potrebbe nascondermi?»

I due sacerdoti si guardarono.

«Non credo», rispose padre Carl.

Io li guardavo, mentre un’ansia indicibile si impadroniva di me.

Padre Carl mi sorrise: «Non perdere il tuo equilibrio. Ricordati chi sei.»

Sánchez prese una cartelletta da una borsa. «Questa è una copia della Sesta Illuminazione. Forse ti aiuterà a decidere cosa fare.»

Mentre prendevo la copia Sánchez si rivolse a padre Carl: «Quanto ci vuole prima che tu possa partire?»

«Un’ora, credo…devo ancora contattare alcune persone.»

«Leggi e medita, poi ne parleremo», mi esortò padre Sánchez.

Tornarono entrambi ai loro preparativi, e io uscii per andare a sedermi su un grosso masso. Aprii il Manoscritto: ripeteva esattamente le parole dei due sacerdoti. Chiarire il passato era un accurato procedimento grazie al quale si diventava consapevoli

dei propri metodi personali di controllo, appresi durante l’infanzia. E dopo aver superato tali abitudini, diceva il testo, avremmo trovato il nostro essere superiore, la nostra identità più evoluta.

Lessi il testo completo in meno di mezz’ora, e alla fine avevo capito le basi dell’Illuminazione: prima di poter acquisire quello speciale stato d’animo che tante persone riuscivano solo a intravedere – l’esperienza di noi stessi che avanziamo nella vita guidati da misteriose coincidenze – dovevamo destarci e riconoscere chi eravamo in realtà.

Padre Carl girò intorno alla casa e quando mi scorse venne a sedersi accanto a me.

«Hai finito?» mi chiese. Il suo tono era caldo e amichevole come sempre. «Sì.»

«Ti dispiace se resto qui seduto per qualche minuto?» «Mi farebbe piacere.»

Si accomodò alla mia destra, e dopo un breve silenzio mi chiese: «Capisci che qui sei sul tuo sentiero della scoperta?» «Credo di sì, ma adesso cosa succede?» «Adesso devi crederci seriamente.» «In che modo, visto che sono così spaventato?» «Devi capire qual è la posta in gioco. La verità che stai ricercando è importante quanto l’evoluzione dell’universo intero, poiché permette all’evoluzione stessa di continuare.

«Non capisci? Padre Sánchez mi ha parlato della tua esperienza in cima al crinale, quando hai visto in che modo la materia si è evoluta, partendo da semplice vibrazione di idrogeno fino ad arrivare al genere umano. Ti sei chiesto quanti uomini abbiano portato avanti questa evoluzione, e adesso hai trovato la risposta: ogni essere umano nasce in una data situazione storica, trova qualcosa per cui battersi e forma un’unione con un altro essere che come lui ha trovato uno scopo.

«I bambini nati da tale unione devono poi riconciliare queste due posizioni ricercando una sintesi più elevata, guidati dalle coincidenze. Sono sicuro che l’hai imparato dalla Quinta Illuminazione: ogni volta che facciamo il pieno di energia e si verifica una coincidenza che ci fa avanzare nel corso della nostra esistenza, creiamo in noi stessi un certo livello di energia e possiamo quindi esistere a un livello di vibrazione più elevato. Abbiamo quindi figli che ricevono il nostro livello di vibrazione e lo innalzano ulteriormente. È così che noi esseri umani portiamo avanti l’evoluzione.

«Per quanto riguarda questa generazione la differenza sta nel fatto che siamo pronti ad accelerare consapevolmente il processo. Non importa quanta paura tu possa avere, ora non hai più scelta: dopo aver imparato in cosa consiste l’esistenza, non c’è modo di cancellare tale conoscenza. Se cerchi di usare in modo diverso la tua vita avrai sempre la sensazione di esserti perso qualcosa.»

«Ma adesso cosa faccio?»

«Non lo so. Solo tu puoi saperlo, ma ti suggerisco di cercare prima di accumulare un po’ di energia.»

Padre Sánchez si unì a noi, senza fare rumore né fissarci negli occhi, quasi avesse paura di interromperci. Cercai di concentrarmi, focalizzando la mia attenzione sulle cime rocciose che circondavano la casa. Respirai a fondo e mi accorsi di essere rimasto chiuso in me stesso fin dal momento in cui ero uscito all’aperto, come se avessi avuto una visione limitata. Mi ero privato della bellezza e della maestà delle montagne.

Lasciai correre lo sguardo intorno a me, cercando consapevolmente di apprezzare ciò che vedevo, e cominciai a provare quella sensazione di intimità ormai familiare. Di colpo l’aspetto di ogni cosa mi sembrò più intenso, e notai anche un leggero chiarore. Mi sentii più leggero, con il corpo carico di energia.

Guardai prima padre Sánchez poi padre Carl: entrambi mi fissavano con attenzione, e mi resi conto che stavano studiando il mio campo di energia.

«Com’è il mio aspetto?» chiesi loro.

«Sembra che tu stia meglio», mi rispose Sánchez. «Rimani qui e aumenta il più possibile la tua energia. Ci servono altri venti minuti per finire di preparare i bagagli.»

Mi sorrise ironico. «E dopo sarai pronto a cominciare.»

 

 

LASCIARSI TRASCINARE DALLA CORRENTE

I due sacerdoti tornarono in casa, e io rimasi ancora qualche minuto a osservare la bellezza delle montagne, cercando di assorbire altra energia. A un certo punto persi la concentrazione e cominciai a fantasticare su Wil: dov’era? Stava forse per scoprire la Nona Illuminazione?

Lo immaginai che correva attraverso la giungla con la Nona Illuminazione in mano, inseguito dalle truppe governative. Pensai a Sebastián, l’uomo che dirigeva la caccia: era chiaro che, nonostante tutta la sua autorità, stava prendendo un abbaglio. Aveva mal interpretato l’impatto che le Illuminazioni avrebbero avuto sulla gente. Sapevo che qualcuno avrebbe convinto il cardinale a vedere le cose in modo diverso se solo fosse riuscito a capire da quale parte del Manoscritto si sentiva minacciato.

Mi venne in mente Marjorie. Chissà dov’era. Immaginai di incontrarla ancora. Sarebbe mai potuto accadere?

Il rumore della porta che si chiudeva mi riportò alla realtà. Mi sentii nuovamente debole e nervoso. Sánchez si avvicinò con passo veloce e deciso.

Si sedette di fianco a me e mi domandò: «Hai deciso cosa fare?»

Scrollai la testa.

«Non mi sembri molto in forma», commentò.

«E infatti non mi sento per niente forte.»

«Forse non stai accumulando in modo sistematico la tua energia.»

«Cosa intendi dire?»

«Lascia che ti spieghi il mio metodo personale per acquisire energia: forse ti aiuterà a creare un tuo sistema.»

Gli feci cenno di proseguire.

«Per prima cosa mi concentro sull’ambiente che mi circonda, penso che lo faccia anche tu. Poi cerco di ricordare come mi appaiono gli oggetti quando sono carico di energia. Lo faccio riportando alla mente l’aspetto di ogni cosa, la sua forma e bellezza unica, specialmente nel caso delle piante, e il modo in cui i colori sembrano brillare, quasi fossero più luminosi. Mi segui?» «Sì, anch’io cerco di fare così.»

«Poi», riprese Sánchez, «cerco di provare quella sensazione di intimità, l’impressione di poter toccare qualunque oggetto, anche il più lontano, entrando in sintonia con esso. E poi inspiro.» «Inspiri?»

«Padre John non te ne ha parlato?» «No.»

Sánchez mi apparve confuso. «Forse aveva intenzione di ritornare e parlartene più tardi. Spesso ha un atteggiamento drammatico: se ne va e lascia il suo alunno a meditare su ciò che gli ha insegnato, poi torna al momento giusto e aggiunge qualcosa alle istruzioni che ha già dato. Immagino volesse parlarti di nuovo, ma ce ne siamo andati troppo alla svelta.» «Mi piacerebbe saperne qualcosa.»

«Ti ricordi la sensazione di ottimismo che hai provato in cima al crinale?» mi chiese. «Certo.»

«Per recuperare tale sensazione io cerco di inspirare l’energia con cui sono appena entrato in contatto.»

Avevo seguito tutto il ragionamento di Sánchez, e il semplice fatto di sentire le sue parole faceva aumentare il mio collegamento. L’aspetto e la bellezza di ogni oggetto mi apparivano accentuati, persino le pietre sembravano emanare un leggero chiarore, e il campo di energia di Sánchez era ampio e blu. Il sacerdote stava ora respirando a fondo, con grande concentrazione, trattenendo il fiato almeno cinque secondi prima di espirare. Seguii il suo esempio.

«Quando visualizziamo», riprese, «ogni respiro che porta in noi energia e ci riempie come palloni, noi diventiamo effettivamente più forti e ci sentiamo leggeri e ottimisti.»

Dopo alcuni respiri cominciai a sentirmi proprio come mi aveva appena spiegato.

«Dopo aver inspirato l’energia», continuò Sánchez, «io controllo per vedere se provo la giusta emozione, in modo da sapere se sono davvero collegato.»

«Ti riferisci all’amore?»

«Esatto. Ne abbiamo già parlato alla missione: l’amore non è un concetto intellettuale, un obbligo morale o roba del genere. Si tratta piuttosto di un’emozione che esiste quando una persona è collegata all’energia disponibile nell’universo che, ovviamente, è l’energia di Dio.»

Anche se continuava a fissarmi, lo sguardo di padre Sánchez si era fatto più sfocato. «Ecco, lo hai raggiunto. Questo è il livello di energia di cui hai bisogno. Ti sto in qualche modo aiutando, ma tu sei pronto a mantenerlo da solo.» «In che senso mi stai aiutando?»

Padre Sánchez scrollò la testa. «Adesso non preoccuparti, lo scoprirai più tardi con l’Ottava Illuminazione.»

Arrivò anche padre Carl e ci guardò entrambi, apparentemente soddisfatto, poi si rivolse a me: «Non hai ancora deciso?»

La domanda mi irritò, e di conseguenza subii una perdita di energia.

«Non ricadere nel tuo dramma del distacco», mi disse padre Carl. «Qui non puoi fare a meno di prendere posizione. Cosa pensi di dover fare?»

«Non sto pensando a nulla», replicai. «E’ questo il problema.»

«Ne sei sicuro? Quando entri in contatto con l’energia i pensieri cambiano.»

Gli lanciai uno sguardo stupito.

«Le parole che hai normalmente in testa quando cerchi di controllare logicamente gli avvenimenti», mi spiegò, «cessano di esistere appena ti liberi del tuo dramma del controllo. Fai il pieno di energia e nella tua mente entreranno pensieri completamente diversi, provenienti dalla parte più evoluta di te stesso. Sono le tue intuizioni che provocano una sensazione diversa. Appaiono in fondo alla tua mente presentandosi a volte come una sorta di fantasticheria o visione, e arrivano per dirigerti e guidarti.»

Non riuscivo ancora a capire.

«Raccontaci a cosa hai pensato quando ti abbiamo lasciato solo poco fa», mi sollecitò padre Carl.

«Non sono sicuro di ricordare tutto», risposi. «Provaci.»

Cercai di concentrarmi. «Pensavo a Wil, e mi chiedevo se sia

vicino alla scoperta della Nona Illuminazione. Poi ho pensato alla crociata di Sebastián contro il Manoscritto.» «E poi?»

«Mi è venuta in mente Marjorie, e mi sono domandato cosa può esserle successo. Ma non capisco come tutto ciò possa aiutarmi a scoprire ciò che devo fare.»

«Lascia che ti spieghi», intervenne padre Sánchez. «Dopo aver assorbito abbastanza energia sei pronto a impegnarti in modo consapevole nell’evoluzione, aprendoti alle coincidenze che ti faranno progredire. Ti dedichi all’evoluzione in modo molto specifico. Per prima cosa, come ti ho detto, accumuli abbastanza energia, poi tieni sempre a mente la questione basilare della tua esistenza – quella che ti hanno lasciato i tuoi genitori – perché è in grado di fornire il contesto generale per la tua evoluzione. Il passo successivo consiste nel concentrarti sul tuo cammino scoprendo i problemi immediati che ti ritrovi attualmente ad affrontare. Questi problemi si riferiscono sempre alla questione più ampia e definiscono il punto in cui ti trovi nella tua ricerca esistenziale.

«Quando diventi consapevole di tali problemi, arrivi anche a conoscere in modo intuitivo cosa fare e dove andare. Scopri qual è il passo successivo, sempre. L’unico caso in cui ciò non accade è quando hai in mente la questione sbagliata. Vedi, il problema della vita non è la mancanza di risposte, ma piuttosto la capacità di individuare le domande giuste. Quando hai ben chiare le domande, le risposte arrivano sempre.

«Dopo aver intuito ciò che ti accadrà in seguito», proseguì, «il passo successivo sarà diventare particolarmente attento e osservatore: prima o poi si verificheranno le coincidenze che ti spingeranno nella direzione indicata dalla intuizione. Mi segui?» «Credo di sì.»

«E allora non credi che quei pensieri su Wil, Sebastián e Marjorie siano importanti? Prova a pensare al motivo per cui ti sono venuti in mente proprio adesso, in questo momento della tua esistenza. Adesso sai di essere nato nella tua famiglia per scoprire come si possa rendere la vita spirituale un’avventura di accrescimento interno, giusto?» «Sì.»

«Crescendo ti sei interessato ad argomenti di carattere misterioso, hai studiato sociologia e hai lavorato a diretto contatto con la gente, pur non conoscendo ancora il motivo di quell’interesse. E proprio quando cominciavi a svegliarti hai sentito parlare del Manoscritto, sei venuto in Perù e hai trovato le Illuminazioni una dopo l’altra. Ognuna di loro ti ha insegnato qualcosa sul genere di spiritualità che stai cercando. Adesso che ti è tutto chiaro, puoi diventare ulteriormente consapevole di questa evoluzione definendo le tue domande e osservando le risposte che arrivano.» Lo fissai in silenzio.

«Quali sono le tue domande?» mi chiese. «Credo di voler conoscere le altre Illuminazioni, e soprattutto vorrei sapere se Wil troverà la Nona. Mi interessa scoprire cosa è successo a Marjorie, e quello che fa Sebastián.»

«Cosa ti ha suggerito la tua intuizione a proposito di queste domande?»

«Non lo so. Stavo pensando di rivedere Marjorie, e a Wil che correva inseguito dalle truppe. Che cosa significa?» «Dove stava correndo Wil?» «Nella giungla.»

«Forse quella è la direzione verso cui dovresti muoverti: Iquitos è nella giungla. Cosa mi dici a proposito di Marjorie?» «Ho avuto una visione di me stesso mentre la rivedevo.» «E Sebastián?»

«Ho immaginato che fosse contrario al Manoscritto perché lo ha interpretato erroneamente, e che cambierebbe opinione se qualcuno riuscisse a scoprire cosa pensa e cosa teme esattamente dal Manoscritto.»

I due sacerdoti si scambiarono uno sguardo sbigottito. «Che cosa significa?» domandai.

Padre Carl rispose con un’altra domanda: «Tu cosa ne pensi?»

Per la prima volta dalla mia esperienza sul crinale mi sentivo ancora pieno di energia e di fiducia in me stesso. Risposi: «Credo voglia dire che dovrei andare nella giungla e cercare di scoprire quali sono gli aspetti del Manoscritto che la Chiesa disapprova».

Padre Carl sorrise. «Esatto! Puoi prendere il mio camion!» Feci un cenno d’assenso e ci dirigemmo insieme sul lato della casa dove erano parcheggiati i veicoli. In quello di padre Carl c’erano già i miei bagagli oltre a una scorta di cibo e acqua, e anche quello di padre Sánchez era già pronto.

«Ancora una cosa», disse Sánchez. «Ricordati di fermarti tutte le volte che sarà necessario per ristabilire il contatto con l’energia. Resta sempre caricato, vivi in uno stato di amore costante. Dopo che avrai raggiunto questa condizione niente e nessuno sarà in grado di toglierti più energia di quanta tu possa riceverne. In pratica l’energia che emani crea una corrente che attira in te altrettanta energia alla stessa velocità. Non potrai mai restarne sprovvisto. Ma perché questo processo non si interrompa devi esserne sempre consapevole, soprattutto quando interagisci con altre persone.»

Si interruppe, quasi volesse lasciare spazio a padre Carl, il quale si avvicinò per dirmi: «Hai letto tutto il Manoscritto tranne due sole Illuminazioni, la Settima e l’Ottava. La Settima riguarda il processo di evoluzione consapevole grazie al quale si diventa ricettivi verso ogni coincidenza e risposta che l’universo fornisce».

Mi porse un raccoglitore. «Questa è la Settima. E molto breve e generica e descrive il modo in cui certi oggetti si pongono sul nostro cammino e certi pensieri ci fanno da guida. Per quanto riguarda l’Ottava, la troverai tu stesso quando sarà il momento giusto. Spiega in che modo possiamo aiutare gli altri quando ci portano le risposte che cerchiamo. Propone inoltre un’etica completamente nuova per regolare il modo di rapportarsi degli esseri umani al fine di facilitare l’evoluzione di tutti.»

«Perché non potete darmi adesso l’Ottava Illuminazione?» domandai.

Padre Carl sorrise mettendomi una mano sulla spalla. «Perché non ci sembra giusto farlo. Anche noi dobbiamo seguire le nostre intuizioni. Raggiungerai l’Ottava Illuminazione non appena formulerai la domanda esatta.»

Mi adeguai alla loro volontà. Poi i due sacerdoti mi abbracciarono augurandomi buona fortuna. Padre Carl era convinto che presto ci saremmo incontrati di nuovo e che io avrei senz’altro trovato le risposte che cercavo.

Stavamo per salire a bordo dei nostri mezzi quando Sánchez si girò improvvisamente verso di me: «Sento di doverti dire qualcosa: più avanti imparerai qualcos’altro in proposito. Lasciati guidare dalla tua percezione della bellezza. Luoghi e persone che hanno le risposte per te appariranno più luminosi e attraenti».

Annuii, salii a bordo del camion di padre Carl e li seguii per alcuni chilometri giù per la strada rocciosa finché arrivammo a una deviazione. Sànchez sporse il braccio dal finestrino per salutarmi, poi lui e padre Carl si diressero a est. Li osservai per un istante prima di girare verso nord, diretto al bacino del Rio delle Amazzoni.

Fui assalito da un impeto di impazienza. Dopo aver viaggiato a un buon ritmo per più di tre ore, mi ero ritrovato davanti a un crocevia, incapace di decidere tra due diverse direzioni.

A giudicare dalla mappa, la strada a sinistra conduceva a nord lungo il margine delle montagne per un centinaio di chilometri, poi curvava bruscamente a est, verso Iquitos. L’altra strada raggiungeva la stessa destinazione attraversando la giungla a est.

Respirai a fondo, cercando di rilassarmi, e controllai rapidamente lo specchietto retrovisore: non c’era nessuno in vista. In realtà era da più di un’ora che non vedevo nessuno – né veicoli, né indigeni a piedi. Cercai di soffocare l’ansietà: sapevo che per prendere la decisione giusta avrei dovuto rilassarmi e mantenere il contatto con l’energia.

Mi concentrai sul panorama. Il percorso attraverso la giungla avanzava in mezzo a un gruppo di grossi alberi. Il terreno intorno era disseminato di sporgenze rocciose, perlopiù attorniate da grandi cespugli tropicali. L’altro sentiero, quello che correva tra le montagne, sembrava spoglio al confronto. In quella direzione vedevo un solo albero stagliarsi, e il resto del paesaggio era roccioso, con pochissima vegetazione.

Guardai di nuovo verso destra e cercai di indurre in me uno stato d’amore. Gli alberi e i cespugli erano di un colore verde brillante. Rivolsi lo sguardo a sinistra, sforzandomi di ripetere la stessa procedura. A quel punto notai una striscia di erba fiorita che delimitava la strada. I fili d’erba erano chiari e macchiati, ma i fiorellini bianchi, visti nell’insieme, creavano un disegno unico. Mi stupii di non averli notati prima. In quel momento sembravano brillare. Allargai la mia messa a fuoco in modo da comprendere tutto ciò che si trovava in quella direzione. Le rocce e le macchie marroni di ghiaia apparivano straordinariamente colorate e distinte. L’intero panorama era striato di pennellate viola, color ambra e persino rosse scure.

Lanciai un’occhiata a destra, verso gli alberi e i cespugli. Per quanto stupenda, quella strada impallidiva in confronto all’altra. Ero confuso. Come era potuto succedere che all’inizio mi avesse attratto più dell’altra? Rivolgendo di nuovo lo sguardo a sinistra sentii rafforzare la mia intuizione, e la ricchezza di forme e colori mi colmò di stupore.

Ormai avevo scelto. Misi in moto e voltai a sinistra, sicuro della mia decisione. La strada era accidentata, disseminata di sassi e buche. Mentre avanzavo mi sentivo sempre più leggero: il peso del mio corpo era centrato sul bacino, il collo e le spalle erano diritti. Tenevo il volante con le braccia, senza però appoggiarvi il mio peso.

Guidai per due ore indisturbato, mangiucchiando il cibo preparato da padre Carl. Ero l’unica presenza umana su quelle strade. Salivo e scendevo dalle colline, lasciandomele alle spalle una dopo l’altra. Giunto in cima a un’altura vidi due auto scalcinate parcheggiate alla mia destra. Spiccavano in mezzo agli alberi a una certa distanza dalla strada. Non vidi nessuno al volante o nei paraggi, così immaginai che si trattasse di due veicoli abbandonati. Più avanti la strada svoltava bruscamente a destra e cominciava a scendere, verso un’ampia vallata. Dall’alto avevo una visibilità di diversi chilometri.

Fermai bruscamente il camion. A metà vallata c’erano tre o quattro veicoli militari fermi su entrambi i lati della strada, e alcuni soldati passeggiavano nei paraggi. Un brivido freddo mi percorse la schiena. Un blocco stradale. Feci marcia indietro, parcheggiai dietro due grosse rocce e tornai a piedi per osservare cosa succedeva nella valle. Scorsi un veicolo che si stava allontanando nella direzione opposta.

All’improvviso sentii un rumore alle mie spalle. Mi girai di scatto e vidi Phil, l’ecologista che avevo incontrato a Viciente.

Era sconvolto quanto me. «Cosa ci fai da queste parti?» mi chiese correndomi incontro.

«Sto cercando di raggiungere Iquitos», gli risposi.

Mi sembrava in preda all’agitazione. «Anche noi, ma le autorità sono letteralmente impazzite per via del Manoscritto. Siamo in quattro, e dobbiamo decidere se rischiare di forzare il posto di blocco.» Con un cenno del capo indicò alla sua sinistra, dove scorsi alcuni uomini in mezzo agli alberi.

«Perché vai a Iquitos?» mi chiese.

«Sto cercando Wil. Siamo stati separati a Cula, ma ho sentito che potrebbe essersi diretto a Iquitos alla ricerca del resto del Manoscritto.»

Phil era inorridito. «Non dovrebbe fare una cosa del genere! I militari hanno proibito a chiunque di possedere delle copie. Hai saputo quello che è successo a Viciente?» «Sì, qualcosa, ma tu dimmi quello che sai.» «Io non c’ero, ma so che le autorità hanno fatto irruzione arrestando chiunque fosse in possesso di una copia del Manoscritto. Tutti gli ospiti sono stati fermati e interrogati. Hanno portato via Dale e gli altri studiosi, e nessuno sa che fine abbiano fatto.»

«Sai perché il governo è così ostile a questo Manoscritto?» «No, ma quando ho visto che la faccenda diventava troppo pericolosa ho deciso di tornare a Iquitos per raccogliere i dati della mia ricerca e lasciare il paese.»

Gli raccontai nei dettagli ciò che era successo a me e Wil dopo che avevamo lasciato Viciente, soprattutto la sparatoria in cima al crinale.

«Dannazione», esclamò, «e tu stai ancora perdendo tempo con questa storia?»

Le sue parole incrinarono per un momento la mia serenità, ma riuscii ugualmente a ribattere: «Senti, se non facciamo nulla il governo distruggerà completamente il Manoscritto, impedendone la conoscenza al mondo intero. E io sono convinto che le Illuminazioni siano molto importanti».

«Al punto da rimetterci la vita?» mi chiese. Un rombo di motori attrasse la nostra attenzione: i militari stavano attraversando la vallata diretti verso di noi. «Merda!» esclamò Phil. «Eccoli che arrivano!» Prima che potessimo muoverci sentimmo altri veicoli in avvicinamento dal lato opposto.

«Ci hanno circondati!» gridò Phil in preda al panico. Mi precipitai verso il camion e stipai tutto il cibo rimasto in uno zainetto. Ci misi anche i vari raccoglitori contenenti il Manoscritto, ma cambiai subito idea e preferii nasconderli sotto il sedile.

Il rumore si faceva sempre più forte. Attraversai la strada di corsa, andando verso destra, nella stessa direzione in cui si era dileguato Phil. Riuscii a vedere lui e gli altri alla base del pendio, nascosti dietro a un mucchio di sassi. Li raggiunsi e mi nascosi con loro, sperando che i veicoli militari sarebbero passati senza fermarsi. Il mio camion non era in vista, e c’era da sperare che i soldati pensassero, così come avevo fatto io, che le altre auto giacevano là abbandonate.

I mezzi provenienti da sud arrivarono per primi, e con nostro grande sgomento si fermarono.

«Non muovetevi! Polizia!» gridò una voce. Terrorizzati, restammo immobili. Alcuni soldati si avvicinarono alle nostre spalle, con la massima cautela, tutti con le armi in pugno. Ci perquisirono accuratamente, portandoci via ogni cosa, e ci costrinsero poi a tornare sulla strada dove dozzine di altri soldati stavano frugando i mezzi. Phil e i suoi compagni vennero caricati su un camion che si allontanò velocemente. Riuscii a scorgerlo un’ultima volta, pallido e con l’aria spettrale.

Fui condotto a piedi nella direzione opposta, finché mi chiesero di sedermi in cima alla collina. Accanto a me c’erano molti soldati, ognuno di essi con un’arma automatica a tracolla. Alla fine si avvicinò un ufficiale che gettò ai miei piedi i raccoglitori contenenti le Illuminazioni, lasciandoci cadere sopra le chiavi del camion di padre Carl.

«Sono tue queste copie?» mi domandò.

Lo guardai senza rispondere.

«Avevi addosso le chiavi, e dentro al camion abbiamo trovato le copie. Te lo chiedo un’altra volta, è tua questa roba?»

«Credo che risponderò solo in presenza di un avvocato», riuscii a balbettare. Alla mia risposta l’ufficiale fece un ghigno sarcastico, disse qualcosa ai suoi compagni e si allontanò. I soldati mi spinsero verso una jeep, facendomi sedere sul sedile anteriore di fianco all’autista. Due soldati erano saliti dietro di noi, con le armi puntate, e altri ancora si erano sistemati su un altro veicolo. Dopo una breve attesa si mossero entrambi, diretti a nord nella vallata.

La paura mi toglieva quasi il respiro. Dove mi stavano portando? Perché mai mi ero cacciato in una situazione del genere? La lunga preparazione che mi avevano impartito i due sacerdoti era andata sprecata: non avevo resistito nemmeno una giornata! All’incrocio avevo avuto la sensazione certa di aver scelto la strada giusta, quella che più mi aveva attirato. Ma allora, dove avevo sbagliato?

Respirai a fondo e cercai di rilassarmi, chiedendomi cosa sarebbe accaduto. Avrei finto di essere all’oscuro di tutto: un turista ignaro e innocuo. Ho solo incontrato le persone sbagliate, avrei detto. Lasciatemi tornare a casa.

Tenni le mani in grembo, e mi accorsi che tremavano leggermente. Uno dei soldati seduti alle mie spalle mi offrì una borraccia d’acqua, e io la presi anche se non riuscii a bere. Il militare era giovane, e quando gli resi la borraccia mi sorrise senza ombra di malizia. Mi venne in mente il viso terrorizzato di Phil, e mi chiesi cosa gli avrebbero fatto.

Pensai che l’incontro con lui su quella collina doveva essere stato una coincidenza. Ma qual era il suo significato? E di cosa avremmo parlato se non ci avessero interrotti? Io mi ero limitato a sottolineare l’importanza del Manoscritto, mentre lui mi aveva avvisato del pericolo che correvo in quel luogo, consigliandomi di fuggire prima di essere catturato. Sfortunatamente il suo consiglio era arrivato troppo tardi.

Per diverse ore viaggiammo in silenzio. Il panorama si faceva sempre più piatto e l’aria si scaldava. A un certo punto lo stesso soldato mi passò una lattina contenente qualcosa che sembrava pasticcio di carne, ma, come prima, non riuscii a ingoiare nulla. Appena dopo il tramonto calarono rapidamente le tenebre.

Fissai le luci del camion davanti a me, con la mente sgombra da qualunque pensiero, finché scivolai in un sonno agitato. Sognai di scappare disperatamente da un nemico sconosciuto fra centinaia di falò giganteschi, certo che da qualche parte si nascondesse la chiave segreta capace di aprire la strada verso la conoscenza e la salvezza. A un tratto vidi la chiave proprio in mezzo a uno di quei roghi, e mi lanciai a recuperarla.

Mi svegliai di soprassalto, madido di sudore. I soldati mi guardavano di sottecchi, nervosi. Scrollai la testa e mi appoggiai allo sportello del camion. Guardai a lungo fuori dal finestrino le sagome scure del paesaggio, cercando di soffocare il panico. Ero solo e sotto sorveglianza, diretto verso l’ignoto, e nessuno si preoccupava dei miei incubi.

Intorno a mezzanotte ci fermammo davanti a un ampio edificio in pietra su due piani scarsamente illuminato. Entrammo da una porta laterale e scendemmo alcuni gradini fino ad arrivare a uno stretto corridoio. Anche i muri interni erano in pietra, mentre il soffitto era di travi in legno grezzo. Il nostro cammino era illuminato da alcune lampadine che pendevano da fili attaccati al soffitto. Varcammo un’altra porta e ci trovammo in mezzo alle celle. Fummo raggiunti da un soldato che aprì una delle celle e mi fece cenno d’entrare.

L’interno era sorprendentemente pulito e conteneva tre brande, un tavolo di legno e un vaso di fiori. Un giovane peruviano, che dimostrava diciotto o diciannove anni, sollevò lo sguardo verso di me. Il militare si chiuse la porta alle spalle e si allontanò. Mi sedetti su una delle brande, e il ragazzo si allungò per accendere una lampada a olio. Quando la luce illuminò il suo viso mi accorsi che era indiano. «Parli inglese?» gli chiesi. «Sì, un po’.» «Dove siamo?» «Vicino a Pullcupa.» «E una prigione questa?»

«No, ci hanno portati qui per interrogarci sul Manoscritto.» «Da quanto tempo sei qui?» gli domandai. Mi fissò con occhi scuri e tristi. «Due mesi.» «Che cosa ti hanno fatto?»

«Vogliono che io smetta di credere al Manoscritto e dica i nomi delle persone che ne possiedono delle copie.» «Come hanno cercato di convincerti?» «Parlandomi.»

«Solo parlandoti, senza ricorrere alle minacce?» «Solo parlando», ripeté. «Hanno detto quando ti lasceranno andare?» «No.»

Si interruppe per un istante e mi guardò con aria interrogativa. «Ti hanno preso con una copia del Manoscritto?» «Sì, anche te?»

«Sì. Vivo in un orfanotrofio qui vicino. Il direttore insegnava i fondamenti del Manoscritto e mi permetteva di parlarne ai bambini. Lui è riuscito a scappare ma io sono stato catturato.» «Quante Illuminazioni hai visto?» gli chiesi. «Tutte quelle che sono state trovate, e tu?» «Quasi tutte. Avevo la Settima ma non sono riuscito a leggerla perché sono arrivati i soldati, e mi manca anche l’Ottava.» Il ragazzo sbadigliò e mi chiese: «Possiamo dormire, adesso?» «Sì, certo», gli risposi distrattamente.

Mi sdraiai sulla branda e chiusi gli occhi. Non riuscivo a darmi pace. Cosa avrei potuto fare adesso? Come avevo potuto lasciarmi catturare? Sarei riuscito a fuggire? Prima di addormentarmi provai a immaginare alcune strategie e piani d’azione.

Sognai di nuovo. Cercavo ancora la stessa chiave, ma questa volta mi ero smarrito in una fitta foresta. Avevo camminato a lungo senza una meta, sperando di trovare una sorta di guida, finché a un certo punto scoppiava un tremendo temporale che inondava il terreno. Durante il diluvio scivolavo in un burrone e finivo in un fiume che scorreva nella direzione sbagliata, rischiando di annegare. Lottavo disperatamente contro la corrente per alcuni minuti che mi erano sembrati giorni interi. Alla fine riuscivo a emergere dal fiume arrampicandomi sugli scogli. Salivo in alto, sempre più in alto fino a raggiungere punti sempre più impervi. Nonostante avessi fatto ricorso a tutta la mia forza di volontà per superare le rocce, a un certo punto mi ritrovavo pericolosamente aggrappato a un masso, incapace di proseguire. Guardavo in basso e mi accorgevo con orrore che il fiume in cui mi ero dibattuto attraversava la foresta fino a una splendida spiaggia verdeggiante. E la chiave si trovava proprio in quel prato, circondata dai fiori. A un tratto scivolavo e cadevo sempre più in basso, urlando disperatamente, fino a inabissarmi nelle acque del fiume.

Mi alzai a sedere di scatto sulla branda, annaspando in cerca d’aria. Il giovane indiano, già sveglio, mi venne vicino.

«Che ti succede?» mi chiese.

Trattenni il respiro e mi guardai intorno, rendendomi finalmente conto di dove mi trovavo. Mi accorsi che nella stanza c’era una finestra e che all’esterno era già chiaro.

«È stato solo un incubo», risposi.

Mi sorrise come se la mia risposta gli avesse fatto piacere. «I brutti sogni contengono messaggi importanti», commentò.

«Messaggi?» ripetei, alzandomi e indossando la camicia.

Sembrò imbarazzato all’idea di dovermi dare spiegazioni. «La Settima Illuminazione parla dei sogni.»

«E cosa dice?»

«Spiega come…»

«Interpretare i sogni?» «Sì.»

«E che cosa dice?»

«Che occorre confrontare la storia del sogno con quella della propria vita.»

Rimasi un istante a riflettere sul significato delle sue parole. «Cosa intendi per ‘confrontare’?»

Il ragazzo sembrava volesse evitare il mio sguardo. «Vuoi interpretare il tuo sogno?»

Annuii, e gli raccontai ciò che avevo provato. Mi ascoltò con attenzione. «Confronta le parti di questa storia con la tua vita.»

Lo guardai. «Da dove comincio?» «Dal principio. Cosa stavi facendo all’inizio del sogno?» «Stavo cercando una chiave nella foresta.» «Come ti sentivi?» «Perso.»

«Confronta questa situazione con quella che stai vivendo ora.»

«Forse c’è un collegamento. Sono alla ricerca di alcune risposte sul Manoscritto, e mi sento davvero perso.» «Cos’altro sta succedendo nella tua vita?» «Mi hanno catturato, e mi trattengono. Adesso spero solo di convincere qualcuno a lasciarmi tornare a casa.» «Vuoi opporti a questa prigionia?» «Naturalmente!» «Cosa succedeva poi nel sogno?» «Lottavo contro la corrente.» «Perché?» mi chiese.

Cominciai a capire dove voleva arrivare. «Perché in quel momento pensavo che sarei annegato.»

«E se tu non ti fossi opposto alla corrente?» «Mi avrebbe portato alla chiave. E’ questo che vuoi dire, che se io non mi ribello a questa situazione potrei ancora ottenere le risposte che cerco?»

Mi parve di nuovo a disagio. «Io non dico niente, è il sogno a parlare.»

Riflettei per qualche istante. Era davvero corretta quella interpretazione?

Il giovane indiano alzò lo sguardo su di me e mi chiese: «Se tu dovessi ripetere quel sogno, cosa faresti di diverso?»

«Mi lascerei trasportare dalla corrente, anche se avessi paura di annegare. Saprei come comportarmi.»

«Che cosa ti sta minacciando adesso?» «I soldati, immagino. La prigione.» «E allora, secondo te qual è il messaggio?» «Tu credi che il sogno voglia dirmi di considerare questa prigionia come un evento positivo?»

Il ragazzo non mi rispose, si limitò a sorridere. Ero seduto sulla mia branda con la schiena appoggiata al muro. Quell’interpretazione mi procurava una forte emozione. Se fosse stata esatta significava che all’incrocio non mi ero sbagliato e che la prigionia faceva parte di ciò che doveva accadere.

«Come ti chiami?» gli domandai. «Pablo.»

Sorrisi e mi presentai a mia volta, poi gli feci un breve resoconto del mio viaggio in Perù fino a quel momento. Pablo era seduto sulla sua branda con i gomiti sulle ginocchia. Era molto magro, con i capelli neri e corti. «Perché sei qui?» mi chiese. «Per sapere qualcosa sul Manoscritto.» «Cosa, per la precisione?»

«Sulla Settima Illuminazione, e anche sulla sorte di certi miei amici, Wil e Marjorie… e sento anche di dover scoprire il motivo per cui la Chiesa è contraria al Manoscritto.» «Qui ci sono molti sacerdoti con cui parlare.» Meditai per un istante sulle sue parole, poi gli chiesi: «Che altro dice la Settima Illuminazione dei sogni?»

Pablo mi spiegò che i sogni vengono a dirci qualcosa che ci è sfuggito sulla nostra vita. Mentre ancora parlava, cominciai a pensare a Marjorie. Mi apparve il suo viso, mi chiesi dove avrebbe potuto essere, e infine la vidi correre verso di me, sorridente.

Improvvisamente mi accorsi che Pablo aveva smesso di parlare. Lo guardai. «Scusa, mi ero distratto. Cosa hai detto?» «Non importa. A cosa stavi pensando?» «A un’amica. Niente di importante.»

Mi guardò come se volesse saperne di più, ma qualcuno si stava avvicinando alla porta della cella. Attraverso le sbarre riuscimmo a vedere un soldato che faceva scorrere il chiavistello. «E’ ora di colazione», disse Pablo.

Il militare aprì la porta e con un cenno del capo ci indicò il

corridoio. Pablo si avviò per primo lungo il corridoio di pietra. Salimmo una rampa di scale e giungemmo a una sala da pranzo non molto grande. In un angolo c’erano quattro o cinque soldati mentre alcuni civili, due uomini e una donna, aspettavano di essere serviti.

Ebbi un sussulto. Non potevo credere ai miei occhi: la donna era Marjorie. Lei mi vide nello stesso istante e si coprì la bocca con la mano, spalancando gli occhi per la sorpresa. Sbirciai il militare alle mie spalle, e vidi che si stava avvicinando ad altri soldati in piedi in un angolo, sorridendo e dicendo loro qualcosa in spagnolo. Seguii Pablo che attraversò la stanza per mettersi in fondo alla coda.

Stavano servendo Marjorie. Gli altri due uomini si accomodarono con i vassoi a un tavolo, continuando a parlare. Marjorie guardò più volte verso di me, incrociando il mio sguardo e sforzandosi di non parlare. Dopo la seconda occhiata Pablo capì che ci conoscevamo, e mi guardò con aria interrogativa. Marjorie si sedette a un altro tavolo, e appena ci servirono la raggiungemmo. I soldati chiacchieravano indisturbati e non prestavano attenzione ai nostri movimenti.

«Mio Dio, come sono felice di vederti!» esclamò Marjorie. «Come sei arrivato fin qui?»

«Per un po’ sono rimasto nascosto con alcuni sacerdoti, poi me ne sono partito per cercare Wil, finché ieri mi hanno catturato. E tu da quanto tempo sei qui?»

«Da quando mi hanno scoperta sul crinale.» Mi accorsi che Pablo ci stava osservando, e lo presentai a Marjorie.

«Avevo immaginato che si trattasse di lei», disse soltanto. Scambiarono due parole, poi io chiesi a Marjorie: «Che altro è successo?»

«Non molto», rispose. «Non so nemmeno perché mi tengono qui. Ogni giorno mi portano da un prete o da un ufficiale per un interrogatorio. Vogliono sapere quali erano i miei contatti a Viciente, e se so dove si trovano altre copie del Manoscritto. Me lo chiedono in continuazione!»

Marjorie mi sorrise, di colpo vulnerabile, e in quel momento mi sentii ancora profondamente attratto da lei. Mi guardò con la coda dell’occhio e scoppiammo entrambi a ridere sommessamente. Restammo in silenzio fino alla fine del pasto, quando si aprì la porta ed entrò un sacerdote vestito in modo formale, accompagnato da quello che sembrava un ufficiale di alto rango.

«Quello è il gran sacerdote», ci informò Pablo.

L’ufficiale disse qualcosa ai soldati che scattarono sull’attenti, e attraversò poi la stanza diretto in cucina insieme al prete. Quest’ultimo guardò verso di me e i nostri occhi si incontrarono per un lungo istante. Distolsi lo sguardo e misi in bocca una forchettata di cibo, cercando di non attirare su di me l’attenzione. Entrambi gli uomini raggiunsero la cucina e uscirono poi da un’altra porta.

«Quello è uno dei sacerdoti con cui hai parlato?» chiesi a Marjorie.

«No, non l’ho mai visto.»

«Io lo conosco», si intromise Pablo. «E’ arrivato ieri. Si chiama Sebastián.»

Mi drizzai di colpo. «Quello era il cardinale Sebastián?»

«Sembra che tu abbia già sentito parlare di lui», osservò Marjorie.

«Sì, è il personaggio più in vista che guida l’opposizione della Chiesa contro il Manoscritto. Pensavo che si trovasse alla missione di padre Sánchez.»

«Chi è padre Sánchez?» volle sapere Marjorie.

Stavo per spiegarglielo quando il soldato che ci aveva scortati fin là si avvicinò al tavolo e fece cenno a me e Pablo di seguirlo.

«E’ ora di fare un po’ di movimento», sussurrò Pablo.

Io e Marjorie ci guardammo, e dal suo sguardo traspariva una notevole preoccupazione.

«Non preoccuparti», cercai di rassicurarla. «Parleremo durante il prossimo pasto. Andrà tutto bene.»

Mi allontanai, chiedendomi se il mio ottimismo era realistico. Quelle persone avrebbero potuto farci sparire in qualunque momento, cancellando ogni traccia di noi sul pianeta. Il soldato ci guidò attraverso un corridoietto fino a una porta che dava su una scala esterna. Arrivammo così in un cortile circondato da un alto muro di pietra. Il militare rimase accanto alla porta. Pablo mi fece cenno di passeggiare con lui intorno al cortile. Mentre camminavamo si abbassò varie volte per raccogliere i fiori che crescevano alla base del muro.

«Che altro dice la Settima Illuminazione?» domandai.

Pablo si chinò a prendere un altro fiore. «Dice che non sono solo i sogni a guidarci, ma anche i pensieri e le fantasticherie.»

«Sì, padre Carl me l’aveva detto. Spiegami come fanno a guidarci i sogni a occhi aperti.»

«Ci mostrano una scena, un avvenimento, e questa è già un’indicazione che questo fatto può accadere. Se facciamo attenzione possiamo essere pronti a queste svolte nella nostra esistenza.»

Lo guardai. «Sai, Pablo, ho immaginato di incontrare Marjorie e poi è successo davvero.» Sorrise.

Un brivido mi corse lungo la schiena: se avevo intuito qualcosa che in seguito si era realizzato, dovevo per forza trovarmi nel posto giusto. Avevo pensato più volte di ritrovare Marjorie e alla fine era successo. Le coincidenze si stavano finalmente verificando, e io mi sentivo più leggero.

«Pensieri del genere non mi vengono in mente molto spesso», osservai.

Pablo distolse lo sguardo e commentò: «La Settima Illuminazione spiega che non possiamo avere coscienza di tutti i nostri pensieri. Per riconoscerli dobbiamo assumere la posizione di chi osserva. Quando un pensiero arriva chiediamoci perché lo abbiamo avuto proprio in quel preciso momento e in che modo si collega alle questioni della nostra esistenza. Svolgendo il ruolo di osservatore possiamo liberarci dal nostro bisogno di controllare sempre tutto, inserendoci nel flusso dell’evoluzione.»

«E cosa mi dici dei pensieri negativi?» gli chiesi. «Le immagini spaventose che ci mostrano avvenimenti nefasti, come per esempio il ferimento di qualcuno che amiamo o il mancato raggiungimento di qualcosa a cui teniamo molto?»

«È semplicissimo. La Settima Illuminazione dice che le immagini spaventose devono essere subito bloccate e sostituite con altre positive. In questo modo nel giro di breve tempo non si ripresenteranno più, e le tue intuizioni riguarderanno solo avvenimenti favorevoli. Il Manoscritto suggerisce però di prendere sul serio le visioni negative che continuano a tornare. Per esempio, se ti viene in mente che stai per avere un incidente a bordo di un camion e qualcuno ti offre un passaggio proprio su un mezzo del genere, tu non devi accettarlo.»

Avevamo terminato il giro del cortile e ci stavamo ormai avvicinando alla guardia. Mentre gli passavamo accanto nessuno di noi due parlò. Pablo colse un fiore e io respirai profondamente. L’aria era calda e umida, e la vegetazione tropicale oltre il muro di cinta era particolarmente fitta. Mi accorsi che c’erano molte mosche.

«Venite!» ci ordinò la guardia.

Ci spinse all’interno, indirizzandoci verso la nostra cella. Pablo entrò per primo, e quando feci per seguirlo il soldato alzò un braccio e mi bloccò.

«Tu no», disse, e mi fece cenno di continuare a camminare lungo il corridoio, su per i gradini fino alla porta da cui eravamo entrati la sera prima. Nel parcheggio scorsi il cardinale Sebastián che saliva sul sedile posteriore di una grossa auto. L’autista chiuse la portiera alle sue spalle. Il sacerdote mi fissò per un istante, poi si girò e disse qualcosa all’autista. L’auto si allontanò velocemente.

Il soldato mi spinse verso la facciata anteriore dell’edificio. Entrati in un ufficio, mi fecero accomodare sulla sedia di fronte a una scrivania di metallo. Alcuni minuti dopo entrò un giovane prete, piccolo di statura con i capelli biondi, che si sedette dietro la scrivania senza degnarmi di uno sguardo. Sfogliò una pratica e alla fine alzò gli occhi su di me. Gli occhiali cerchiati d’oro gli davano un’aria da intellettuale.

«Sei stato colto in flagrante possesso illegale di documenti di stato», esordì in tono asciutto. «Sono qui per stabilire se sia il caso o meno di procedere contro di te, e apprezzerei molto la tua collaborazione.»

Annuii.

«Dove hai preso le traduzioni?»

«Non capisco», ribattei. «Perché mai le copie di un vecchio documento dovrebbero essere illegali?»

«Il governo del Perù ha le sue ragioni. Per favore, rispondi alle mie domande.»

«Perché la Chiesa è coinvolta?» domandai.

«Perché questo Manoscritto va contro le tradizioni della nostra religione», fu la risposta. «Rappresenta in modo errato la nostra natura spirituale. Dove…»

«Senti», lo interruppi, «sto solo cercando di capirci qualcosa. Sono semplicemente un turista a cui interessa quel Manoscritto, e non rappresento un pericolo per nessuno. Mi piacerebbe sapere perché è così pericoloso.»

Il prete mi sembrò confuso, quasi dovesse stabilire la strategia migliore per affrontarmi. Evidentemente io ero a caccia di informazioni.

«La Chiesa crede che il Manoscritto possa confondere la nostra gente», mi rispose con molta prudenza. «Dà l’impressione che le persone possano decidere da sole come vivere, senza preoccuparsi delle Scritture.»

«Quali scritture?»

«Il comandamento che impone di onorare il padre e la madre, tanto per cominciare.»

«Cosa vuoi dire?»

«Il Manoscritto dice che i genitori sono la causa di tutti i problemi, e in questo modo indebolisce la famiglia.»

«Credevo che parlasse del modo in cui porre fine ad antichi risentimenti», osservai. «E anche di come acquisire una visione positiva dell’inizio della nostra vita.»

«No», ribatté il sacerdote. «Non è esatto. Tanto per cominciare non dovrebbe esserci una sensazione negativa fin dall’inizio.»

«I genitori non possono dunque sbagliare?»

«Fanno del loro meglio, e i figli hanno il dovere di perdonarli.»

«Ma non è proprio quello che dice il Manoscritto? Il perdono non si verifica forse quando vediamo il lato positivo della nostra infanzia?»

La sua voce si fece acuta per la rabbia. «Ma dall’alto di quale autorità parla questo Manoscritto? Come possiamo fidarci?»

Si alzò e girò intorno alla scrivania, fissandomi con rabbia. «Tu non sai di cosa stai parlando. Sei forse uno studioso? Non credo. Sei invece la prova vivente della confusione creata dal Manoscritto. Non capisci che al mondo c’è un certo ordine solo grazie alla legge e all’autorità? Come puoi metterlo in discussione?»

Rimasi in silenzio, e il sacerdote sembrò infuriarsi ancora di più. «Lascia che ti spieghi qualcosa: il crimine che hai commesso è punibile con anni di galera. Sei mai stato in una prigione peruviana? Sei forse curioso di scoprire com’è fatta? Io posso accontentarti! Mi hai capito? Ho detto che posso toglierti questa curiosità!»

Si mise una mano sugli occhi e fece una pausa, respirando a fondo, cercando evidentemente di calmarsi. «Sono qui per scoprire chi ha delle copie e dove le ha trovate. Te lo chiedo un’altra volta: dove hai preso le tue traduzioni?»

La sua sfuriata mi aveva impressionato. Con tutte quelle domande stavo solo peggiorando la situazione. Che cosa avrebbe potuto farmi se mi fossi rifiutato di collaborare? Al tempo stesso, non avrei mai potuto coinvolgere padre Sánchez e padre Carl.

«Prima di darti una risposta ho bisogno di tempo per pensarci.» Per un attimo sembrò vicino a un’altra esplosione di rabbia, ma poi riuscì a controllarsi. Improvvisamente sembrava esausto.

«Posso concederti fino a domattina», disse, e fece segno al soldato in piedi vicino alla porta di portarmi via. Lo seguii lungo il corridoio, fino alla mia cella.

Mi sdraiai sulla branda, stanco a mia volta, senza aprire bocca. Pablo guardava fuori tra le sbarre della finestra.

«Hai parlato con il cardinale Sebastián?» mi chiese.

«No, era un altro prete. Voleva sapere chi mi ha dato le copie.»

«Cosa gli hai risposto?»

«Niente. Ho cercato di prendere tempo, e lui mi ha concesso fino a domattina.»

«Ha detto qualcosa a proposito del Manoscritto?» domandò Pablo.

Lo fissai negli occhi, e questa volta Pablo non abbassò lo sguardo. «Mi ha spiegato che il Manoscritto scardina l’autorità tradizionale», risposi. «Poi ha cominciato a farneticare e a minacciarmi.»

Pablo sembrava davvero sorpreso. «Aveva i capelli chiari e un paio di occhiali tondi?» «Sì.»

«E’ padre Costous. Che altro gli hai detto?»

«Non ero d’accordo con lui sul fatto che il Manoscritto mette in pericolo l’autorità tradizionale, e lui ha minacciato di sbattermi in prigione. Credi che facesse sul serio?»

«Non saprei.» Pablo andò a sedersi sulla sua branda, proprio di fronte a me. Capivo che aveva qualcosa in mente ma ero stanco e spaventato, e mi limitai a chiudere gli occhi. Mi svegliai sentendomi scrollare.

«Ora di pranzo», disse Pablo.

Seguimmo una guardia al piano di sopra, dove ci servirono un piatto di carne e patate. I due uomini che avevamo visto in precedenza entrarono dopo di noi, ma stavolta Marjorie non era con loro.

«Dov’è Marjorie?» chiesi a bassa voce. Sentendo la mia domanda i due apparvero terrorizzati, e i soldati mi fissarono intensamente.

«Non credo che parlino inglese», disse Pablo. «Mi domando dove possa essere.»

Pablo mi disse qualcosa in risposta ma non gli prestai ascolto. Di colpo vidi me stesso nell’atto di correre lungo una strada e infilarmi in un portone, diretto verso la libertà. «A cosa stai pensando?» volle sapere Pablo. «Stavo immaginando di fuggire. Che stavi dicendo?» «Aspetta, non cancellare quel pensiero, potrebbe essere importante. Com’era la tua fuga?»

«Stavo correndo lungo un vicolo, o una strada, poi sono entrato in un portone e ho avuto l’impressione di essere in salvo.»

«Cosa ne pensi di questa immagine?» mi chiese Pablo. «Non saprei. Non mi sembrava per niente collegata ai discorsi che stavamo facendo.»

«Ma ti ricordi di cosa stavamo parlando?» «Certo, mi stavo informando sulla sorte di Marjorie.» «E non credi che ci sia un nesso fra lei e la tua fuga?» «No, almeno non in modo evidente.» «E un legame nascosto?»

«Non ne vedo. Che collegamento potrebbe esserci tra la fuga e Marjorie? Credi che lei sia riuscita a fuggire?»

Pablo sembrò pensieroso. «Hai pensato alla tua fuga.» «Sì. Forse fuggirò senza di lei.» Lo guardai. «O forse sto per scappare con lei.»

«Questa è la mia ipotesi.» «Ma dove si trova adesso?» «Non ne ho idea.»

Finimmo di mangiare in silenzio. Ero affamato, ma il cibo mi sembrava indigesto. Mi sentivo terribilmente stanco e la fame mi passò alla svelta.

Mi accorsi che anche Pablo aveva smesso di mangiare. «Credo che dovremmo tornare in cella», suggerì.

Annuii, e lui fece cenno al soldato di riportarci indietro. Quando arrivammo in cella io mi stesi sulla branda e Pablo si sedette, fissandomi con attenzione.

«La tua energia sembra stia calando», osservò. «E’ vero. C’è qualcosa che non va, ma non so esattamente di cosa si tratta.»

«Stai cercando di assorbire energia?» volle sapere. «Credo di no, e quel cibo non aiuta di sicuro.» «Non hai bisogno di mangiare molto se riesci ad assorbire ogni cosa.» Mosse le braccia davanti a sé per farmi capire che intendeva proprio tutto.

«Lo so. Per me è molto difficile lasciar fluire l’amore in una situazione come questa.»

Mi guardò con aria interrogativa. «Ma se non lo fai danneggi te stesso!»

«Cosa vuoi dire?»

«Il tuo corpo vibra a un certo livello, e se lasci che la tua energia si abbassi troppo, il corpo ne soffre. Questo è il legame che c’è fra tensione e malattia. L’amore è importantissimo, tiene alta la nostra vibrazione e ci mantiene in buona salute.» «Dammi qualche minuto», dissi.

Misi in pratica il metodo che mi aveva insegnato padre Sánchez e mi sentii subito meglio. Gli oggetti intorno a me si fecero più vividi. Chiusi gli occhi e mi concentrai sulla sensazione che provavo.

«Così va bene», esclamò Pablo.

Aprii gli occhi e lo vidi sorridere. Il suo aspetto era ancora quello di un ragazzino, ma ora il suo sguardo era pieno di saggezza.

«Posso vedere l’energia che fluisce in te», mi spiegò. Riuscii a scorgere un lieve campo di energia intorno al corpo di Pablo, e anche i fiori appena colti che aveva sistemato in un vaso sul tavolo sembravano splendere.

«Per afferrare la Settima Illuminazione ed entrare davvero nel flusso dell’evoluzione occorre inglobare tutte le Illuminazioni nel proprio modo di vivere.» Rimasi in silenzio.

«Puoi riassumermi come è cambiato il mondo per te dopo la conoscenza delle Illuminazioni?»

Ci pensai un attimo. «Credo di essermi svegliato e di aver visto il mondo come un luogo misterioso che fornisce tutto ciò di cui abbiamo bisogno, se facciamo chiarezza e ci mettiamo sulla giusta via.»

«Dopo cosa succede?» «Siamo pronti a dare il via all’evoluzione.» «Come ci impegniamo in questo processo?» Meditai per un istante. «Tenendo bene a mente le questioni della nostra esistenza e cercando la giusta direzione, in un sogno, in un’intuizione o nel modo in cui l’ambiente che ci circonda si palesa al nostro sguardo.»

Mi interruppi, cercando di mettere insieme il panorama completo delle Illuminazioni, e aggiunsi: «Accumuliamo energia, ci mettiamo al centro delle nostre situazioni e delle questioni che dobbiamo affrontare, poi riceviamo una specie di guida istintiva, un’idea di dove andare o di cosa fare, e alla fine si verificano le coincidenze che ci permettono di avanzare in tale direzione».

«Sì, sì!» esclamò Pablo. «E’ vero! E ogni volta che queste coincidenze ci portano a qualcosa di nuovo, noi cresciamo, diventiamo persone più complete ed esistiamo a una vibrazione più alta.»

Quando si chinò verso di me notai l’incredibile energia che lo circondava. Brillava, pieno di forza, e non sembrava più timido o inesperto.

«Pablo, che cosa ti è successo? In confronto alla prima volta che ti ho visto mi sembri più a tuo agio, sicuro di te e in qualche modo potente.»

Scoppiò a ridere. «Quando sei arrivato ho permesso alla mia energia di dissolversi. All’inizio ho pensato che avresti potuto aiutarmi a farla scorrere, ma mi sono reso conto che non eri ancora in grado di farlo. È una capacità che si acquisisce grazie all’Ottava Illuminazione.»

Ero confuso. «Che cosa non ho fatto?» «Devi imparare che tutte le risposte che ci arrivano in modo misterioso provengono in realtà da altre persone. Pensa a tutto ciò che hai imparato da quando ti trovi in Perù: le risposte non ti sono forse arrivate grazie alle azioni di individui che hai misteriosamente incontrato?»

Ci pensai e dovetti ammettere che aveva ragione. Avevo sempre incontrato le persone giuste al momento giusto: Charlene,

Dobson, Wil, Dale, Marjorie, Phil, Reneau, padre Sánchez, padre Carl, e adesso Pablo.

«Anche se il Manoscritto è stato redatto da una persona», aggiunse Pablo, «non tutti gli uomini e le donne che incontrerai avranno l’energia o la chiarezza sufficienti per rivelarti il messaggio che hanno per te. Tu devi quindi aiutarli dando loro la tua forza.» Si interruppe. «Mi hai raccontato di aver imparato a proiettare energia su una pianta concentrandoti sulla sua bellezza, ricordi?» «Sì.»

«Bene, con le persone devi fare esattamente la stessa cosa. Quando assorbono l’energia, riescono a vedere la loro verità e a passartela.

«Padre Costous è un esempio», continuò. «Aveva un importante messaggio per te, ma tu non l’hai aiutato a rivelartelo. Hai cercato di ottenere risposte da lui e questo ha creato fra voi un conflitto per l’energia. E quando se ne è reso conto l’intimidatore, il suo dramma dell’infanzia, ha preso il sopravvento.»

«Che cosa avrei dovuto dire?» gli chiesi.

Pablo non rispose. Sentimmo ancora qualcuno alla porta della cella.

Entrò padre Costous.

Fece un cenno a Pablo, abbozzando un sorriso. Pablo sorrise apertamente, come se il prete gli piacesse sul serio. Padre Costous spostò lo sguardo su di me, con il volto improvvisamente serio. Sentii un brivido freddo sulla schiena.

«Il cardinale Sebastián ha chiesto di vederti. Questo pomeriggio verrai trasferito a Iquitos. Ti consiglio di rispondere a tutte le sue domande.»

«Perché vuole vedermi?» gli domandai.

«Perché quando sei stato catturato eri a bordo di un camion che appartiene a uno dei nostri sacerdoti. Noi crediamo che tu abbia ricevuto proprio da lui le copie del Manoscritto, e per uno dei nostri andare contro la legge è un fatto molto grave.» Mi guardò deciso.

Lanciai uno sguardo a Pablo che mi fece cenno di continuare.

«Credi che il Manoscritto sia pericoloso per la tua religione?» chiesi gentilmente a Costous.

Mi guardò con condiscendenza. «Non solo per la nostra, ma anche per quella di tutti. Credi forse che non ci sia un piano per questo mondo? Dio ha il controllo, determina il nostro destino, e noi dobbiamo obbedire alle sue leggi. L’evoluzione è un mito. Dio crea il futuro a suo piacimento, e affermare che gli uomini possono evolversi da soli significa non prendere in considerazione la volontà divina. In questo modo le persone sentono il diritto di essere egoiste e lontane, poiché pensano che solo la loro evoluzione sia importante, non il piano divino. E tra loro si tratteranno ancora peggio di quanto stiano facendo adesso.»

Non riuscii a formulare un’altra domanda. Il sacerdote mi fissò per un istante e aggiunse quasi gentilmente: «Spero che collaborerai con il cardinale Sebastián».

Si girò a guardare Pablo, evidentemente orgoglioso del modo in cui aveva affrontato le mie domande. Pablo si limitò a sorridergli, facendo un altro cenno con il capo. Costous uscì e una guardia chiuse la porta alle sue spalle. Pablo si allungò verso di me, raggiante, con un’espressione di estrema sicurezza in volto. Lo guardai e sorrisi.

«Cosa credi che sia appena successo?» mi domandò. Cercai di trovare una risposta ironica. «Ho forse scoperto di essere nei guai più di quanto pensassi?»

Pablo scoppiò a ridere. «Che altro è accaduto?» «Non capisco dove vuoi arrivare.» «Quali erano le tue domande quando sei arrivato qui?» «Volevo trovare Marjorie e Wil.» «E hai trovato uno di loro. Qual era l’altra domanda?» «Avevo la sensazione che questi sacerdoti fossero contrari al Manoscritto non per cattiveria ma solo perché non lo hanno ben capito. Volevo conoscere la loro opinione. Pensavo che parlando con loro potessero cambiare parere.» Appena dette queste parole mi resi conto che era proprio ciò a cui si riferiva Pablo: avevo incontrato Costous per poter scoprire cosa lo preoccupava del Manoscritto.

«E quale messaggio hai ricevuto?» mi chiese. «Messaggio?» «Sì, il messaggio.»

Lo guardai. «È l’idea di partecipare all’evoluzione che li sconvolge, vero?»

«Sì», mi confermò Pablo.

«Potrebbe darsi», aggiunsi. «L’idea di evoluzione fisica è già abbastanza difficile da accettare. Estenderla alla vita di tutti i giorni, alle decisioni che ognuno di noi prende, alla storia stessa… questo è addirittura inaccettabile. Loro credono che gli uomini perderanno la testa per via dell’evoluzione e che di conseguenza i rapporti interpersonali peggioreranno. Non c’è quindi da meravigliarsi se desiderano eliminare il Manoscritto.»

«Riusciresti a convincerli del contrario?» domandò Pablo.

«No… voglio dire, io stesso non ne so abbastanza.»

«Ma una persona come potrebbe convincerli?» «Dovrebbe conoscere la verità, e soprattutto sapere come si tratterebbero a vicenda gli uomini se seguissero le Illuminazioni e si evolvessero.»

Pablo era compiaciuto.

«Allora?» gli domandai, sorridendo anch’io.

«Il modo in cui gli uomini si tratteranno a vicenda viene illustrato nell’Illuminazione successiva, l’Ottava. La tua domanda sul perché i preti sono contrari al Manoscritto ha avuto risposta, e tale risposta si è poi trasformata in un’altra domanda.»

«Sì, devo trovare l’Ottava, devo fuggire da qui.»

«Non correre troppo», mi mise in guardia Pablo. «Prima di proseguire devi essere sicuro di aver perfettamente compreso la Settima.»

«Tu credi che l’abbia capita? Pensi che io sia entrato nel flusso dell’evoluzione?»

«Lo sarai se terrai sempre a mente le tue domande. Anche le persone ancora inconsapevoli possono imbattersi nelle risposte e vedere le coincidenze in retrospettiva. La Settima Illuminazione si realizza quando riusciamo a vedere queste risposte a mano a mano che arrivano, sensibilizzando le nostre esperienze quotidiane. «Dobbiamo partire dal presupposto che ogni avvenimento abbia un significato e contenga un messaggio che si riferisce in qualche modo alle nostre questioni, soprattutto a quelli che definiamo come fatti negativi. La Settima Illuminazione dice che la sfida sta nel trovare un raggio di luce in ogni avvenimento, anche in quelli negativi. All’inizio pensavi che il fatto di essere stato catturato avesse rovinato tutto, ma adesso ti rendi conto che dovevi trovarti qui perché questo è il luogo in cui si trovavano le tue risposte.»

Aveva ragione, ma se io stavo ricevendo le mie risposte evolvendomi a un livello superiore, anche lui stava sicuramente vivendo la stessa esperienza.

A un tratto sentimmo dei passi nel corridoio. Pablo mi guardò, serio.

«Senti, ricorda tutto ciò che ti ho detto. Per te l’Ottava Illuminazione è il passo successivo. Riguarda l’Etica Interpersonale, che spiega come trattare le persone affinché si possa condividere il maggior numero possibile di messaggi. Ma ricordati, non correre troppo velocemente e rimani ancorato alla tua situazione. Quali sono le tue domande?»

«Voglio scoprire dove si trova Wil, trovare l’Ottava Illuminazione, e anche Marjorie.»

«Qual era la tua intuizione su Marjorie?» Mi fermai un istante a riflettere. «Che sarei scappato… che noi due saremmo scappati.»

Sentimmo qualcuno dietro la nostra porta. «Io ti ho portato un messaggio?» chiesi in tutta fretta a Pablo. «Certo. Quando sei arrivato non capivo perché mi trovavo qui. Sapevo che c’entrava in qualche modo la diffusione della Settima Illuminazione, ma dubitavo della mia abilità, non credevo di saperne abbastanza. Adesso grazie a te so che posso farcela. E’ uno dei messaggi che mi hai portato.» «Ce n’è un altro?»

«Sì, la tua intuizione che sia possibile persuadere i preti ad accettare il Manoscritto è un messaggio anche per me. Mi fa pensare che mi trovo qui per convincere padre Costous.»

Mentre Pablo finiva di parlare un soldato aprì la porta e mi fece un cenno. Guardai Pablo.

«Voglio dirti uno dei concetti di cui parla la prossima Illuminazione», disse.

La guardia gli lanciò un’occhiataccia, spingendomi fuori dalla porta e chiudendosela alle spalle. Mentre venivo condotto via Pablo guardava attraverso le sbarre.

«L’ottava Illuminazione ti mette in guardia contro qualcosa», mi gridò. «Ti avvisa che la tua crescita può interrompersi… se diventi dipendente da un’altra persona.»